4.12.08

La Camorra e il sistema


Gli Stati-nazione, la Camorra, la Mafia, il "governo delle Banche", il comunismo. Questi sono i sistemi che governano i nostri popoli. Oggi combattiamo la criminalità organizzata, le banche, chiediamo sovranità monetaria o indipendenza energetica. In realtà non ci rendiamo conto che stiamo creando un altro sistema che ci governerà. Cos'è dunque la Camorra e cos'è Google?

Ho guardato il film di Gomorra di Roberto Saviano con tanto entusiasmo, e fino alla fine cercavo di capire dove fosse la novità di quello spettacolo. Aspettavo la scena risolutiva e tutto ad un tratto il film è finito. Pensavo in cuor mio di aver visto non so quante volte quelle scene di omicidi, di giovani ragazzi che muoiono per la conquista e il rispetto dei territori, e mi chiedevo il motivo per cui tutti si sono scandalizzati e hanno deciso di portare queste immagini sino alla corte di Cannes e forse anche di Hollywood. Per rendere ancora più credibile la tesi dello scalpore e dello scoop, il giornalista Saviano è ora sotto scorta come se fosse agli arresti domiciliari, e qualcuno ha già proposto la sua candidatura. Anche in questo, mi chiedo francamente, dove sia la novità. Come se fosse strano per gli italiani, e per gli stessi popoli del Sud Italia, vedere come determinate famiglie mafiose o camorriste vengono portate allo scoperto per far posto ai nuovi poteri. Questa volta non è intervenuta la polizia, non sono stati necessari dei pentiti o dei giudici, ma un semplice giornalista infiltrato, e che volutamente è stato protetto in quel mondo affinchè potesse far scoppiare il grande scandalo della Camorra. E così è stato, perché il clan dei Casalesi è stato decimato da lotte intestine e retate della polizia, mentre i nuovi "mafiosi" stanno prendendo già le posizioni.

Il vero scandalo, di cui però nessuno si meraviglia, è il suicidio di un Assessore che ha cercato di avvertire la popolazione sui rischi delle soluzioni "rapide e indolori" di Roma e di Milano, e voleva continuare la sua lotta, magari "parlando" semplicemente con i giudici, per spiegare cosa era accaduto e che forse, i Casalesi, non hanno tutta la colpa del male in cui brucia Napoli. Avrei preferito che qualcuno si indignasse per questo strano suicidio, per la morte di un altro innocente, massacrato dai media e delle pressioni politiche che, in un momento così delicato per la chiusura del piano sui rifiuti, erano sicuramente molte. Giorgio Nugnes è morto come molti prima di lui sono morti a causa delle tangentopoli e dei colpi di Stato. Lo Stato italiano è sempre stato un grande artista nell’utilizzare la mafia come capro espiatorio dei suoi delitti, alimentando e viziando quel mostro che lui stesso ha creato. La mafia esiste, sono cose che si conoscono già da parecchi anni, ma nessuno dice che gli Stati sono nati proprio così, gestiti da traffici, con morti, eserciti di schiavi, storie di venduti e di emigrazioni.

In realtà, il concetto è ben diverso e nessuno vuole che si dica. Prima di condannare delle persone che "tirano a campare" e sono stremati dai debiti, bisogna chiedersi da dove arriva la spazzatura, e se arriva proprio dalle ricche città del Nord, dalle imprese e dai distretti industriali della "ricca Italia" che getta i suoi rifiuti in quella che considera "discarica". La nostra società si sta così spaccando e tra le due entità si sta creando un abisso, perché se da una parte vi è il "poveraccio" che rapina le banche o i supermercati, dall’altra ci sono i "ladri di dati", i truffatori finanziari, gli usurai con i colletti bianchi, e così vi sono i reati immateriali che non sporcano e non lasciano tracce. Sicuramente essere minacciati con una pistola sulla tempia fa un effetto diverso alla televisione, mentre il povero artigiano strozzato dai debiti che si spara da solo, descrive una scena molto più patetica, non cinematografica, anche perché non c’è neanche un nemico da combattere. Anche la scelta dei nomi è importante: "'O maiale", "gino ’o pazz", "dente stuort", fanno molta più scena. Con un nome così, si diventa subito protagonisti della scena.

Immaginate ora che un film o un libro, che mette in mostra le cose più abiette e infime di cui sono capaci le persone, viene diffuso e pubblicizzato come la "verità di Napoli" o dell’Italia, e lo Stato finanzia, assiste e tutela chi fa questo stillicidio del popolo italiano. Per "denunciare" un crimine - è giusto ricordarlo - bisogna raccontare la storia per intero, e non solo quello che fa comodo dire, nascondendo tutto il resto. Diciamo la verità, gente che non sa né leggere e né scrivere non crea imperi economici dal nulla, non riesce ad ottenere gli appalti o ad investire nell’alta Finanza. Credete che legali, avvocati, banche si facciano usare così facilmente da dei criminali ignoranti in cambio di nulla e senza un giusto accreditamento da parte dei vertici politici? Sinceramente, credete davvero che la Camorra sia più potente di loro, o invece è un semplice strumento per controllare le masse in un territorio povero, per raccogliere liquidità e smaltire il marcio dei ricchi?
Non capite, è un’altra stupida commedia che vi chiamano a recitare per dar loro importanza, e senza questo stormo di "utili idioti" tutto questo cinema cade in pochi secondi. Per questo poi servono Beppe Grillo, Travaglio, Saviano, per continuare la propaganda. Alla fine però, agli occhi del mondo, le grandi aziende e i grandi imprenditori del Nord saranno l’Italia sana, mentre il Sud Italia sarà sempre "complice" della mafia e della camorra. E poi, se noi viviamo in uno Stato che chiede il pizzo ai cittadini e poi non riesce a garantire ciò che ha promesso perché è fatto da una banda di incapaci, dopo non bisogna fare tanto rumore per nulla, non è dignitoso.

Anche se è vero che tutti noi combattiamo questa farsa del sistema e nessuno può dirsi contrario a queste campagne di solidarietà, in fin dei conti anche a noi fa comodo avere un nemico su cui scaricare le nostre colpe. Siamo disposti a fare le grandi rivoluzioni contro le mafie, ma una volta adagiati sul "seggiolone" ci piace dire che, tutto sommato, si sta bene. Dopo la camorra sarà la crisi finanziaria, e poi non ci sarà mai una fine a questo scarica barile infinito. Ricordate che alla base della criminalità, vi è malessere economico, mentre i veri colpevoli sono coloro che possiedono tanto denaro: cercate il denaro, e troverete il vostro assassino, come diceva il Generale Dalla Chiesa. Oggi l’Italia vuole combattere i suoi fantasmi, ma usa un esercito inutile ed inesistente, che parla di cose inattuabili, e diventano così solo disinformazione. Avere un'indipendenza monetaria, una sovranità energetica oggi significa avere eserciti di pace e fare guerre perpetue al terrorismo, perchè è necessario rubare petrolio o colonizzare per il mantenimento delle materie prime. Anche la crisi, le carte di credito, il fine mese, sono puri concetti nelle nostre menti perché non si accetta il cambiamento dello stile di vita: la crisi non è il non poter andare 4 volte in vacanza, oppure non uscire tutti i sabati, la crisi non è non poter giocare alle scommesse oppure non potersi permettere un amante. La crisi è rimettere in discussione un sistema di potere, è sedersi ad un tavolo e parlare, e non parlare di "democrazia dal basso", di "rete", perché queste sono droghe: il Presidente Obama non è venuto né dal web e né dal basso, è arrivato da casa sua, ed è inutile fare propaganda assolutamente non credibile.

Oggi cambiare il sistema avrà certamente una ripercussione mondiale e planetaria, e determinati poteri devono cessare di esistere, come quello di Washington, delle Holding di Lussemburgo, e perché no, come quello delle criminalità di bassa leva. Oggi i giustizialisti ,gli anti-berlusconiani, i grillini, gridano semplicemente perché vogliono potere e mirano a creare la loro casta, per buttare giù quelle esistenti e imporre quelle nuove. In realtà non sono niente, sono solo un bit che viaggia sulla rete. Riflettiamo però che, se ieri internet era libertà, oggi è lo spazio del motore di ricerca indiscusso, Google. Se sparisce Google, sparisce il mondo di internet, e anche Obama. Allora qual è il nostro sistema ? E' lo Stato italiano, la camorra, la mafia, o un'entità invisibile?

http://etleboro.blogspot.com

27.11.08

LaRouche: dalla paura al panico,
con l'arrivo del crac dei derivati

25 novembre 2008 (MoviSol) - Il mondo finanziario e politico è passato “dalla paura al panico”, ora che si passa alla fase successiva della disintegrazione totale del sistema finanziario, ha dichiarato il 21 novembre l’economista Lyndon LaRouche. “Stiamo assistendo all’esplosione della bolla dei derivati, di svariate migliaia di miliardi di dollari” ed è questo a indurre il panico, ha aggiunto LaRouche.

Alla fine del giugno 2008, stando a dati ufficiali, compilati dallo U.S. Comptroller of Currency, l’esposizione totale in derivati delle tre principali banche americane – la JP Morgan Chase, Citicorp e la Bank of America, superava i 179.000 miliardi di dollari. Stando alla Banca per i Regolamenti Internazionali, i contratti derivati aperti a livello mondiale documentabili avevano superato i 675.000 miliardi di dollari, che è in realtà solo una frazione dell’esposizione totale.

In novembre, i clienti degli hedge funds avevano la possibilità di ritirare i depositi senza pagare alcuna penale e questo fattore, unito all’esplosione in corso della bolla dei derivati, si riflette ora sulla situazione dei mercati. In effetti tutti gli istituti finanziari negli Stati Uniti, in Europa e in Asia sono coinvolti nel crollo dei derivati, ma nessuno ha il quadro preciso dell’esposizione degli altri.

Finora solo LaRouche ha prospettato una via d'uscita coerente: la riorganizzazione fallimentare di tutto il sistema finanziario globale, a partire dalla cancellazione di tutti gli obblighi in derivati. "La mia soluzione costituisce una minaccia esistenziale per l’intero sistema finanziario anglo-olandese della globalizzazione. Lo so io, lo sanno molti banchieri e esponenti di governo in tutto il mondo, e ovviamente lo sanno i britannici. Ecco perché la paura è diventata vero e proprio panico".

http://www.movisol.org/08news287.htm



Di che morte morrà il sistema finanziario: iperinflazione o iperdeflazione – o entrambe?

26 novembre 2008 (MoviSol) - L'attuale tendenza deflazionistica dell'economia mondiale sembra apparentemente contraddire l'analisi larouchiana dell'esplosione iperinflazionistica. Rispondendo ad un quesito durante la teleconferenza del 18 novembre scorso, Lyndon LaRouche ha chiarito che "ci sono due diverse tendenze, a livelli diversi. [...] Ci troviamo in una situazione intrinsecamente iperinflazionistica, ma anche, allo stesso tempo, iperdeflazionistica". Il crollo dell'economia reale è causato dal collasso finanziario. Il commercio è in caduta libera perché non ci sono più lettere di credito, e l'intera dinamica è determinata dal crollo della bolla dei derivati. "Questo è il grande botto", ha ammonito LaRouche. "Ci avviciniamo alla resa dei conti".

Per capire il rapporto tra le due tendenze opposte, si deve considerare il tasso di crollo dell'economia reale, "il che significa che ci muoveremo verso la disintegrazione assoluta dell'economia mondiale. Se si tenta di mantenere il sistema ci si avvia verso uno scoppio iperinflazionistico. Se non si prende la strada dell'iperinflazione, ci sarà uno scoppio iperdeflazionistico alla base. O l'uno o l'altro".

A riprova che certi ambienti sono pronti a innescare l'incendio iperinflazionistico, l'Independent del 24 novembre ha pubblicato un articolo di Stephen King, direttore economico della Hong-Kong and Shangai Banking Corporation, che chiede di "avviare la stampante" per fermare la deflazione. Il taglio dei tassi d'interesse non è sufficiente a far ripartire l'economia, imprigionata in una spirale deflazionistica, scrive King. Anche se la Banca d'Inghilterra e la BCE hanno spazio di manovra, la Fed ha ormai raggiunto il limite. Serve qualcos'altro.

"Questo 'qualcos'altro' deve essere la monetizzazione. Bisogna avviare la stampante. La monetizzazione richiede la creazione di nuova moneta, che poi viene pompata nell'economia [...] Una critica ovvia a questa politica è che essa toglie valore all'offerta monetaria e, perciò, crea inflazione. In circostanze normali, ciò è vero. I governi che hanno fatto ricorso alla stampante sono spesso finiti nell'iperinflazione, come scoprì la Germania di Weimar negli anni '20 e lo Zimbabwe ha scoperto oggi. Ma quelli odierni sono tempi eccezionali".

http://www.movisol.org/08news288.htm

26.11.08

Russia, energia e deflazione: il mosaico si ricompone

Le alleanze strategiche di Mosca continuano a moltiplicarsi, raccogliendo consensi in ogni parte del mondo. Dopo Libia, Italia, e Serbia, ma anche Turchia, Iran e Qatar, e gran parte del Caucaso sino ad India e Cina, Mosca conquista Brasile, Venezuela e Cuba. Le strade del petrolio sono state tracciate, e la creazione di un cartello del gas non è poi così lontana. (Foto: Oleg Deripaska e Dmitri Medvedev all'APEC di Lima)

Anche se "alcuni navi di guerra russe vicino alle coste venezuelane non modificano l'equilibrio delle forze nella regione", alcune piattaforme russe di estrazione di gas e petrolio nei mari dell’America Meridionale possono inquietare un po’ di più gli analisti americani. Così il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha minimizzato le ripercussioni della missione strategica della Russia in Brasile e Venezuela, ritenendo che “l'equilibrio delle forze nell'emisfero occidentale non sarà messo in dubbio" dalle esercitazioni di propaganda del Cremlino. Eppure, le alleanze strategiche concluse da Mosca continuano a moltiplicarsi, raccogliendo consensi in ogni parte del mondo, grazie ad una politica democratica aperta e pragmatica, dove la crisi finanziaria viene esorcizzata con una risposta drastica dell’economia reale e della riaccensione dei motori dell’energia. Dopo Libia, Italia, e Serbia, ma anche Turchia, Iran e Qatar, e gran parte del Caucaso sino ad India e Cina, Mosca conquista Brasile, Venezuela e Cuba: le strade del petrolio sono state tracciate, e la creazione di un cartello del gas non è poi così lontana. La Russia ha così tracciato una sorta di triangolazione nell’America lontana che ha in Lula e Chavez dei fieri alleati, per poi spingersi sino alle coste più insidiose di Cuba.

I dirigenti di Gazprom hanno gettato infatti le prime basi per una cooperazione energetica con la società petrolifera di Stato Petrobras, pianificando la possibilità di collaborare per l’estrazione dei nuovi campi petroliferi recentemente scoperti sulla terra ferma e sulla piattaforma continentale del Brasile, nonché di apprendere nuove tecnologie per la ricerca di idrocarburi in acque profonde e per la produzione di biocarburanti. Un’esperienza interessante, come definito dal Vice Presidente di Gazprom Alexander Medvedev, tenendo pero a precisare che "petrolio e gas resteranno l'attività prioritaria di Gazprom nonché la principale fonte d'energia, almeno per XXI secolo". Non è un caso però che il Brasile è stato scelto da Gazprom per stabilire la sua sede di rappresentanza in America latina, vedendo in Petrobras un importante player per le prospettive di sviluppo dell'industria gassifera e petrolifera.

Seguendo gli stessi criteri, Medvedev ha individuato il Venezuela come importante partner per la realizzazione di progetti bilaterali nel settore degli idrocarburi e della stabilità sul mercato energetico internazionale e la difesa della "sicurezza energetica mondiale". Prima di ogni cosa, le grandi società energetiche russe rafforzeranno la loro presenza sul mercato venezuelano, grazie ad un accordo di cooperazione nel settore dell'estrazione e del trattamento industriale degli idrocarburi, con la formazione di un consorzio controllato dalla Petroleos Venezuela S.A. (PDVSA). Gazprom sarà l'operatore del consorzio petro-gassifero per nome e per conto delle società russe ed opererà direttamente in Venezuela, quali Rosneft, TNK-BP, Surgutneftegaz e Lukoil. Le società russe prevedono anche di ottenere dal Governo venezuelano la concessione per le attività di rarefazione del gas naturale estratto in Venezuela.

Le mire espansionistiche in America Latina non terminano qui, in quanto diventa sempre più reale l’ "opzione cubana", con lo sfruttamento delle piattaforme off-shore a largo della Florida e prossime alle acque territoriali di Cuba. Mentre gli Stati Uniti hanno importo il divieto federale di sfruttare le risorse petrolifere di quella zona, Cuba ha giocato d’anticipo affittando i diritti di estrazione a delle società cinesi, che stanno oggi perforando quasi 90 miglia al largo delle coste degli Stati Uniti. Per giunta, secondo quanto riportato dal quotidiano Sunday, le major petrolifere russe stanno valutando la possibilità di sfruttare le riserve del Golfo del Messico, come annunciato dall'ambasciatore della Russia a Cuba, Mijail Kamynin, al magazine economico cubano Opciones. Le società russe potrebbero dunque raggiungere presto la cinese Sinopec nello sviluppo dei pozzi riserve di petrolio a Cuba, sia sul territorio dell’isola che lungo la costa, sui quali esistono già dei progetti concreti. Kamynin ha anche rivelato che le stesse sarebbero interessate alla costruzione di serbatoi di stoccaggio di petrolio greggio e alla modernizzazione dei condotti di Cuba, come pure intervenire in Venezuela per ristrutturare la vecchia raffineria del porto della città di Cienfuegos.
Come si può notare, sebbene Cuba continui a sembrare al mondo occidentale l’ultima bandiera alzata del socialismo a causa dell’assurdo embargo statunitense, il Governo de L’Avana ha già firmato accordi operativi con società e multinazionali provenienti da diversi Paesi, per esplorare le acque territoriali che, a detta degli scienziati cubani, dovrebbero conservare oltre 20 miliardi di barili di petrolio. Tra questi figura proprio il Presidente brasiliano Lula, che ha visitato Cuba nel mese di ottobre per ratificare accordi bilaterali che daranno alla PDVSA la possibilità di investire 8 milioni di dollari per un periodo di sette anni, per l’esplorazioni delle acque profonde a nord della famosa spiaggia di Varadero: qualora i risultati saranno positivi, il Brasile potrebbe produrre petrolio e gas naturale grazie a Cuba per i prossimi 25 anni.

Non ci vuole molto a capire che questi silenziosi movimenti, vanno a determinare un interessante sviluppo per il futuro dell'economia mondiale, in considerazione del crollo dei prezzi dei prodotti petroliferi e del moltiplicarsi degli stessi cartelli sulle fonti energetiche. Anche in questo si intravede l’opera sotterranea della Russia, la quale ha già posto la possibilità di "coordinare i livelli di produzione con l'OPEC". Secondo quanto riportato dal quotidiano russo Vedomosti, citando il Ministro russo dell'Energia Sergei Chmatko, "il Cremlino non esclude la riduzione (congiunta) dell'estrazione del petrolio", o meglio potrebbe decidere di "diminuire la sua produzione, in simultanea con l'OPEC", anche senza un impegno formale con il cartello. È evidente, a questo punto, che la Russia si prepara a prendere maggiormente le redini della situazione di "crisi", e se non ci riuscirà a livello finanziario con l’istituzione di una nuova Bretton Woods, allora ci proverà giocando la carta energia, e non solo nei confronti dell’Europa, ma anche degli Stati Uniti, che stavolta dovranno per forza raggiungere un accordo. Tale scenario non è una pura speculazione, in quanto è la Russia stesso che lo dà ad intendere lanciando continui messaggi all’Occidente.

Interessante occasione è stata la riunione del Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) tenutosi a Lima, dove Medvedev e Bush hanno avuto modo di confrontarsi su tematiche internazionali forse per l’ultima volta. Il vertice, svoltosi a porte chiuse, è stato inaspettatamente aperto dal "Business Advisory Council cochairman" Oleg Deripaska, miliardario russo che ricordiamo per i suoi importanti investimenti in Montenegro accanto a Nathaniel Rothschild per i progetti di Budva e Ulcinj. L’intervento di Deripaska - che ha ottenuto il suo attimo di gloria - non a caso riguardava il ruolo futuro della Russia. "Questa crisi non è finanziaria, ma una crisi di sovrapproduzione - afferma Deripaska, come riportato dal Kommersant - in Occidente non vi era una forte domanda aggregata, non c’erano capitali, a causa del basso costo del credito al consumo. Noi non siamo stati distratti da questa tendenza. Il nostro Paese non è solo ricco di risorse, ma dispone anche di capitali. Questo è il vantaggio del nostro Paese. I nostri cittadini e investitori continueranno a comprare, mentre in Occidente i consumatori non acquisteranno nulla nei prossimi 12 mesi, a meno che, naturalmente, i governi non cominceranno a lanciare soldi dagli elicotteri".

Anche se usa parole molto ciniche, non possiamo dargli tutti i torti. "Fino a quando il mondo continua a mantenere in vita una politica industriale inefficiente, la fase di crescita non si avvierà", continua Deripaska, e avverte sulla possibilità che i Paesi occidentali, per arginare la caduta dei prezzi, prenderà misure di protezionismo, e dunque farà dumping. Con queste parole anticipa dunque il fantasma della deflazione, deridendo tutti quelli che si erano lamentati dell'inflazione, la quale rappresenta pur sempre un movimento espansivo dell’economia. "Questa situazione è un'occasione unica per la Russia, che deve fare ciò che era stata in grado di fare in precedenza: costruire strade, rafforzare infrastrutture, mezzi di trasporto di merci, persone ed energia, avere tecnologia e sistemi di comunicazioni. Essere insomma indipendente dagli altri Paesi industrializzati", ha concluso entusiasmato. Detto ciò, possiamo solo aspettare la reale evoluzione della situazione economica, tenendo presente che la Russia, quando muove le sue pedine, considera sempre anche le decisioni degli altri giocatori, proprio come in uno schema di Nash. Le informazioni che passano sono sempre un po’ parte della sua propaganda, e del suo modo di comunicare: sta ora a noi fare la prossima mossa.

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22.10.08

Economia delle banche
Patrizio di Cursi – Ascensione Globale - 20 ottobre 2008
Tratto da www.signoraggio.info

I media concentrano l'attenzione sul valore di listino di un titolo o di un indice e parlano di denaro che brucia se i prezzi dei titoli scendono.
Il problema non è il prezzo di listino e il denaro non brucia. Ciò che accade è che gli scambi di titoli avvengono a prezzi più bassi del normale. Quindi il denaro non brucia ma passa di mano semplicemente, lasciando traccia aggregata nel listino. In ogni transazione c'è un compratore e un venditore. Uno che ci guadagna e uno che ci perde. Insomma il denaro va nelle tasche di qualcun altro.

Nei casi di mercato al ribasso ci si arricchisce appropriandosi di titoli in caduta libera. Nel caso di un mercato al rialzo si vendono i titoli acquistati a prezzi stracciati. Quindi parlare di roghi di moneta è una cavolata. D'altronde il valore delle aziende, in particolare di quelle che non fanno né finanza né banca, non è determinato dai corsi di borsa, ma dai valori economico-patrimoniali che nulla hanno a che fare con la volatilità di questi giorni. Teoricamente un'azienda ben capitalizzata e che dà profitti può tranquillamente fregarsene di vedere prossime allo zero le sue azioni.

Assistiamo ciononostante ad una disinformazione generalizzata. Gli effetti della quale sono stati: furti legalizzati di denaro risparmiato; incontri internazionali per vedere come aumentare il controllo dell'economia; l'intervento dello stato nella banca e nella finanza.
Su quest'ultimo punto c'è da riflettere. Non sono gli stati i proprietari e quindi i responsabili delle banche: perché allora spetta a loro garantire che non falliscano, immettere liquidità nelle banche meno virtuose? Gli stati hanno donato la sovranità monetaria e la politica monetaria proprio al sistema bancario. Non mi sembra che nei momenti difficili di uno stato una banca si sia mai ripromessa di garantire tutti i risparmiatori dal fallimento di uno stato.

Presupposto: lo stato si finanzia con le tasse che paghiamo (diciamo che il 50% del reddito nazionale va a finire in tasse). Secondo presupposto: usiamo una moneta che è emessa dalle banche. Terzo presupposto: lo stato come collettività e i singoli cittadini sono indebitati col sistema bancario. Quarto presupposto: il risparmio accumulato dalle famiglie è nelle mani delle banche che lucrano già abbastanza per la gestione del risparmio. Quinto presupposto: lo stato ha un debito pubblico da cui non può liberarsi e che aumenta giorno per giorno.
Nonostante tutto questo, gli Stati hanno deciso di aiutare le banche. Da quando un debitore si permette il lusso di "prestare" soldi al creditore? Un debitore si libererebbe prima del debito che ha accumulato. Invece gli stati prendono soldi a debito o dalle tasse per aiutare le banche.

Il risultato di questi prestiti facili da parte degli Stati è l'impoverimento delle nazioni. Meno "cash" per lo stato e per le famiglie. Lo stato si mette a fare politica monetaria. Lo stato dimentica l'economia reale e l'insegnamento keynesiano da un lato e ripudia l'economia di mercato.
In Italia si dice che viviamo in un sistema misto tra economia sociale ed economia di mercato. In questi giorni si sta decidendo di sostenere sempre di più le banche. Niente mercato niente welfare, ma economia delle banche.

7.10.08

Un omaggio all' esimio Professor Giacinto Auriti



Per l’Europa dei Popoli, e non quella dei banchieri (martedì 29 giugno 2004)

 

Per l’Europa dei Popoli, e non quella dei banchieri Ca ira Ca ira Ca ira

(di Giacinto Auriti)

 

“L’Europa dei banchieri contro la Costituzione”:

 

esattamente con questo titolo (cfr. Il Tempo, 22 giugno 2004, p.7) o, con titoli analoghi, la grande stampa ha dato la notizia sconvolgente che è iniziata la fase conclusiva della Rivoluzione Francese.

 

Noi l’avevamo già preannunciata su Abruzzopress (3 giugno ’04, n.180) con queste testuali parole:

 

“Lo Stato di diritto ha considerato nel proprio ordine costituzionale, solo i tre poteri: legislativo, giurisdizionale ed esecutivo. Il quarto potere della sovranità monetaria se lo sono fagocitato, nel silenzio, le banche centrali, S.p.A con scopo di lucro… ecco perché dobbiamo completare la Rivoluzione Francese: la sovranità monetaria va attribuita allo Stato – come Quarto Potere Costituzionale – e tolta alla banca centrale. Non è più tollerabile che, in uno Stato di diritto, la funzione costituzionale della sovranità monetaria sia esercitata da una S.p.A. con scopo di lucro... L’urlo del Ca ira deve tornare sulle piazze, davanti alle sedi delle banche centrali e nei Tribunali. Ci dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri.”

 

Quando la governance economica programma “maggiori poteri alla Commissione nella sorveglianza dei conti pubblici…” pone necessariamente un conflitto di interessi tra la volontà del Padrone (la banca centrale) e quella dei camerieri (i governi).

Ha denunciato esplicitamente l’eventualità di questo conflitto Mario Borghezio:

 

“Questa è una costituzione per l’Europa dei banchieri. Noi combattiamo invece per l’Europa dei Popoli…”

 

La diagnosi è esatta. Manca la terapia. Si impone la necessità di uscire dalle formule approssimative e generiche per proporre:

 

1)          l’attribuzione allo Stato della sovranità monetaria come quarto potere costituzionale;

2)          la proprietà della moneta al Popolo come reddito di cittadinanza;

3)          l’emissione di moneta senza riserva, di proprietà del portatore, come oggetto di diritto sociale (a norma del 2° co. dell’art. 42 della Costituzione Italiana);

4)          poiché il mercato è saturo sia di beni che di moneta quando i prezzi coincidono con i costi di produzione, solo quando questa coincidenza si verifica, va sospesa sia la produzione dei beni che l’emissione di moneta in attuazione del quarto potere costituzionale della sovranità monetaria;

5)          va costituito il Ministero per il risarcimento dei danni da usura (come i danni di guerra);

6)          va sancita, con provvedimento di urgenza la moratoria dei debiti bancari e fiscali, perché basati sull’illecito del debito da signoraggio che ha trasformato il portatore da proprietario in debitore della propria moneta;

7)          dichiarata la moneta di proprietà dei cittadini, lo Stato deve trattenere all’origine, all’atto dell’emissione, quanto necessario per esigenze di pubblica utilità, eliminando il 100% dei prelievi fiscali. Questi fondamentali principi normativi si desumono dalla definizione del valore come rapporto tra fasi di tempo e conseguentemente del valore monetario come valore indotto. Solo su questi principi la governance economica proposta nel patto costituzionale europeo potrà realizzare l’Europa dei Popoli. Altrimenti si continuerà nella tradizione dei camerieri dei banchieri in cui la sovranità monetaria è retta dalla banca centrale, S.p.A. con scopo di lucro. L’urlo del Ca ira deve tornare per scrivere la pagina conclusiva della Rivoluzione Francese. Ci dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri.

 

I politici camerieri dei banchieri: perché? (martedì 8 giugno 2004)

 

I politici camerieri dei banchieri: perché? Giacinto Auriti

 

Vi sono delle parole che hanno un tal peso specifico che ci costringono addirittura a rileggere la storia.

Quando Ezra Pound riecheggia il famoso messaggio concepito dal colonnello Jefferson:

 

“I politici sono camerieri dei banchieri” ci costringe innanzitutto a prenderne atto, in secondo luogo ad evidenziarne le cause. La ragione di questa clamorosa verità sta nel fatto che la Rivoluzione Francese non si è fermata “alla meta” (secondo la abituale regola), ma ai “tre quarti”. Lo stato di diritto ha considerato, infatti, nel proprio ordine costituzionale, solo i tre poteri: legislativo, giurisdizionale ed esecutivo.

 

Il quarto potere della sovranità monetaria se lo sono fagocitato nel silenzio le banche centrali, S.p.A. con scopo di lucro. Poiché – come insegna l’antica saggezza marchigiana – “li quatrì fa piove l’acqua pe l’in su” (“i soldi fanno piovere l’acqua in salita”) ci si spiega perché le lobbies bancarie hanno assunto il comando di tutti gli stati costituzionali. (1) Tutti gli storici hanno interpretato i tempi dello stato di diritto come una forma di progresso, addirittura come una conquista di civiltà irrinunciabile spacciando per democrazia, l’usurocrazia.

 

Nessuno ha avvertito la grave decadenza causata dal fatto che il portatore della moneta era stato surrettiziamente trasformato in debitore dei propri soldi. Ecco perché dobbiamo completare la Rivoluzione Francese: La Sovranità Monetaria va attribuita allo Stato – come Quarto Potere costituzionale – e tolta alla banca centrale. Non è più tollerabile che, in un c.d. stato di diritto, la funzione costituzionale della sovranità monetaria sia esercitata de una S.p.A. con scopo di lucro.

 

Non è vero che lo stato costituzionale rappresenti un progresso rispetto alle monarchie cattoliche della Vecchia Europa. I re avevano tutti la sovranità monetaria perché battevano moneta e nessuno poteva essere “cameriere del banchiere”. Sono diventati camerieri solo quando hanno accettato in prestito dalle banche centrali S.p.A. la moneta-debito (c.d. nominale).

 

L’urlo del “Ca ira” deve tornare sulle piazze, davanti alle sedi della banche centrali e nei Tribunali. Ci dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri.

 

(1) Recentemente, come in Italia, anche la Germania ha eletto alla presidenza della Repubblica un autorevole banchiere.


La rarità monetaria vista dall’usuraio e dal contadino (domenica 4 aprile 2004)

(di Giacinto Auriti)

 

Un errore strategico le riduzioni fiscali proposte da Pedro Solbes sul Corriere della Sera.

La rarità monetaria vista dall’usuraio e dal contadino Giacinto Auriti.

 

Pedro Solbes (Commissario uscente dell’UE) ha detto che “in generale le riduzioni fiscali vanno coperte con tagli di spesa, senza peggiorare la situazione del deficit e del debito” (Corriere della Sera, 2-4-’04, p.3). Ha proposto così, all’attenzione dell’Europa, un errore strategico, col falso problema della ingiustificata salvaguardia della rarità monetaria. E si sa che gli errori strategici sono i più deleteri perché portatori di morte.

 

Poiché ogni unità di misura deve avere la qualità corrispondente a quella dell’oggetto misurato, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta deve essere rara perché sono rari, c.d. “economici”, i beni di cui misura il valore. Il problema della rarità monetaria incontrollabile, esisteva quando la moneta era d’oro o convertibile in oro perché la rarità dell’oro era condizionata dalla legge fisica della sua esistenza e dall’alto costo di produzione del metallo a caratura programmata.

 

Con l’abolizione della convertibilità e della stessa riserva (fine degli Accordi di Bretton Woods, 15 agosto 1971) la rarità monetaria non è più condizionata da leggi fisiche, ma programmata, a costo nullo, dalla banca centrale (che stabilisce la quantità ed i tempi dell’emissione monetaria in prestito e/o il ritiro di liquidità dal mercato con i prelievi fiscali ed il saldo dei crediti). Poiché il potere d’acquisto della moneta è condizionata dalla legge della rarità, si impone la necessità di stabilire se è la rarità della moneta che deve essere condizionata dalla rarità dei beni, o se è la rarità dei beni che deve essere condizionata dalla rarità della moneta. Per rispondere a questo quesito è opportuno portare un esempio elementare.

 

Quando voi andate a comprare un paio di scarpe commisurate i piedi alle scarpe o le scarpe ai piedi? L’usuraio pretende di imporre scarpe strette e quindi, se necessario, tagliare i piedi come propone il Governo Berlusconi: “…E per far cassa il governo studia il taglio degli aiuti alle imprese”(!!!) (cfr. Corriere della Sera, 2 Aprile ’04, p.3).

 

Mentre l’usuraio vuole controllare piedi, più grossi possibili, con le scarpe più strette possibili, per aumentare il più possibile il contenuto podologico delle scarpe – cioè il potere d’acquisto della moneta – il contadino, giustamente, pretende scarpe comode a giusta misura dei piedi il che significa adeguare la rarità della moneta alla rarità dei beni ed agli incrementi produttivi e non viceversa. In queste circostanze abbiamo la possibilità di giudicare tutti: governi, ministri, magistrati, sindacati ecc. per distinguere chi sta dalla parte dell’usuraio e chi dalla parte del contadino.

 

Merita di essere citato in proposito un fondamentale insegnamento di Ezra Pound:

 

“Dire che uno stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri”.

 

Emerge comunque la necessità di sostituire alla banca centrale la funzione monetaria come quarto potere costituzionale dello stato. Come si sa, la banca centrale è una S.p.A con scopo di lucro e quando si pretende di gestire la sovranità monetaria con scopo di lucro, si cade necessariamente nella logica dell’usuraio e del calzolaio che promuove la politica delle “scarpe strette”. Su questa linea, purtroppo, sono tutti unanimemente d’accordo.

L’unica differenza che distingue Berlusconi, Fini, Tremonti, Maroni, Solbes e l’U.E. sta solo nello stabilire il grado di “strettezza delle scarpe”. Speriamo che ci consentano di camminare, sia pure zoppicando.

 

NB - L’argomento della “rarità e sovranità monetaria” sarà trattato nel Convegno del Sindacato Antiusura SAUS, alle ore 9,30 del 18 Aprile ’04, al Cinema Tiziano, v. Guido Reni 2 – Roma. a http://www.abruzzopress.it/newsletter.htm


Come liberare il Continente dal signoraggio della grande usura (martedì 13 aprile 2004)

 

Una proposta al Ministro Tremonti per una Democrazia integrale Come liberare il Continente dal signoraggio della grande usura (di Giacinto Auriti)

 

Con la sostituzione della moneta nominale alla moneta d’oro, non è cambiata solamente la struttura merceologica e giuridica del simbolo, ma anche la legge della rarità. Che la moneta debba essere necessariamente rara, emerge dalla caratteristica propria di ogni unità di misura che deve avere la qualità corrispondente a quella dell’oggetto misurato. La moneta è rara perché sono rari (economici) i beni di cui misura il valore. Ciò premesso è evidente che è la rarità della moneta che deve essere condizionata dalla rarità dei beni e non viceversa. Quando Pedro Solbes contesta all’Italia il diritto di superare il 3% del deficit pubblico sul PIL (prodotto interno lordo) pretende di condizionare gli incrementi produttivi alla rarità monetaria. Questo episodio è la prova che alla legge fisica della rarità dell’oro, si è sostituito l’arbitrio bancario che ha voluto ed imposto il limite del 3% suddetto.

 

L’usuraio ha interesse a condizionare la rarità del PIL alla rarità della moneta, perché ha la proprietà della moneta – il c.d. signoraggio – sin dall’emissione, oltre all’equivalente credito per averla emessa, a costo nullo, prestandola. Quando il Ministro Tremonti reagisce alla minaccia di “early worning” (primo avviso) parlando di ”procedura atipica” senza precedenti, da la prova che l’arbitrio dell’usura domina la sovranità monetaria.

E le parole di un Ministro non sono sufficienti a fermarla.

 

Si impone pertanto la necessità di instaurare la “funzione monetaria come quarto potere costituzionale dello stato”. Poiché il Trattato di Maastricht considera solo la fase dell’emissione, al quarto potere dello Stato vanno attribuite tutte le altre competenze che sono:

a)     la programmazione del PIL al quale vanno adeguati gli incrementi monetari,

b)     l’accettazione della moneta che teoricamente potrebbe essere rifiutata se non adeguata alle esigenze sociali ed agli incrementi produttivi,

c)     l’acquisto a titolo originario della proprietà della moneta a favore dei cittadini europei come “reddito di cittadinanza, proprietà del portatore, senza riserva”,

d)     l’interpretazione dell’art.107 del T.d.M. nel senso di condizionare gli incrementi di liquidità monetaria agli incrementi produttivi e non viceversa,

e)     poiché la proprietà della moneta va attribuita a chi ne crea il valore accettandola, va esplicitamente esclusa la possibilità che la Banca Centrale Europea emetta moneta prestandola perché, in tal caso, gli Stati Europei sarebbero espropriati ed indebitati del proprio denaro senza corrispettivo,

f)       il riconoscimento del principio che il valore dell’Euro nasca, all’atto dell’accettazione ed a causa dell’accettazione (e senza riserva), di proprietà del portatore, emerge anche dalla eliminazione della dichiarazione cartolare tradizionale: “pagabile a vista… f.to Il Governatore della banca centrale”, che sull’Euro non appare più.

 

Su queste premesse proponiamo al Ministro Tremonti di promuovere l’instaurazione della funzione monetaria come quarto potere costituzionale in tutti gli Stati Europei, in sostituzione delle rispettive banche centrali nazionali e che sia sostituita alla B.C.E. il quarto potere costituzionale dell’U.E. come prova storica della liberazione continentale dal signoraggio della grande usura: e dell’avvento di una democrazia integrale in cui i Popoli Europei non abbiano solo la sovranità politica, ma anche quella monetaria..



1.10.08

La fine del secolo americano

Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale.

Nel mese di febbraio il Fondo Monetario Internazionale (FMI) stimava a 1.100 miliardi di $ le perdite del settore finanziario dovute alla crisi dei mutui subprime americani e prevedeva un brusco rallentamento dell’economia globale. Il suo direttore generale, Dominique Strauss-Khan, promise anche di approfondire, con uno studio appropriato, l’impatto sistemico del rialzo dei prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio. Nel mese di giugno, in seguito ad un’esplicita richiesta del G8 di Osaka, ribadì il suo impegno a relazionare in autunno. La richiesta del G8 non piacque al segretario di Stato americano Hank Paulson, che accusò i ministri di Francia e Italia, fautori dell’iniziativa, di non conoscere il reale funzionamento dei mercati e di parlare troppo facilmente di speculazione. A tranquillizzarlo bastò l’estrema genericità dell’impegno preso da Dominique Strauss-Khan. Oggi, dopo il fallimento della Lehman Brothers, i due compari si ritrovano al capezzale dell’economia globale, cercando di tutelare gli interessi dell’oligarchia finanziaria sulla pelle dei popoli.

Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale. Sono passati tanti anni da quando tre immigrati ebrei di origine tedesca – i fratelli Henry, Immanuel e Mayer Lehman – costituirono a Montgomery (Alabama) la Lehman Brothers (1850). Non era ancora una banca, ma un negozio di tessuti. All’origine di ogni grande fortuna, c’è sempre un grande crimine. Gli economisti la chiamano accumulazione originaria.
La geniale intuizione dei fratelli Lehman fu quella di sfruttare l’economia schiavista degli Stati del sud facendosi pagare in cotone grezzo, che rivendevano al nord tramite la loro filiale di New York. Durante la guerra civile (1861-65), i fratelli Lehman erano schierati su entrambi i fronti, avendo una sede in Alabama ed una a Manhattan. Finita la guerra, lucrando sul finanziamento della ricostruzione, ampliarono i loro interessi al mercato del caffé, altra materia prima coltivata con l’impiego di schiavi africani. Infine entrarono nel business delle ferrovie e della consulenza finanziaria.

Il salto di qualità, per la famiglia Lehman, avvenne grazie all’alleanza con Goldman Sachs (1906). Entrarono in tutti i settori dell’economia americana, sopravvissero alla crisi del 1929, beneficiarono della seconda guerra mondiale, parteciparono alla grande espansione delle multinazionali americane nel dopoguerra. Negli anni in cui il mondo affrontava le crisi determinate dall’aumento del prezzo del petrolio, la Lehman Brothers raggiunse il suo apogeo, grazie alla fusione con due colossi della finanza americana: Kuhn Loeb (1975) ed American Express (1984). Il quartiere generale era a Manhattan, dove occupava tre piani della torre nord nel World Trade Center. Quel fatidico 11 settembre 2001, tra le 2.974 vittime dell’attentato terroristico, ci fu anche un suo dipendente. Una sola persona, contro le 295 vittime della Cantor Fitzgerald e le 175 della Aon Corporation, altre società che avevano sede nello stesso edificio. Pare che quel giorno, per pura casualità, molti manager fossero assenti. Quello della Lehman Brothers non è soltanto il fallimento di una prestigiosa banca globale, specializzata in finanza creativa.

È il crollo definitivo e irreversibile dell’american dream, un sogno diventato incubo. Quanto sta accadendo non è una crisi come le altre, ma è la fine di un’epoca, la fine del secolo americano. In poco più di cento anni, una colonia europea è divenuta potenza mondiale. Ha vinto due guerre, ha dominato il mondo, ha sconfitto il suo apparente antagonista, continua a minacciare nemici reali e immaginari con il suo apparato militare. È servita da modello per la società multirazziale, da banca centrale per l’economia globale, da quartiere generale della strategia sionista. Ha alimentato speranze ed illusioni, ma ormai è un sistema in frantumi, un dead man walking in attesa del colpo di grazia. Il fallimento della Lehman Brothers, con tutto quello che sta accadendo, può essere paragonato al crollo del muro di Berlino (1989), che anticipò di qualche anno lo scioglimento dell’URSS (1991) per implosione della sua economia. Questo spiega la preoccupazione dell’oligarchia, non tanto per le risorse finanziarie bruciate in questa ed altre crisi, quanto i suoi riflessi sistemici.

Non è in gioco l’economia globale, termine usato per indicare un progetto più che una realtà, ma la sopravvivenza degli apparati mondialisti come sistema di potere capace di gestire la crisi. Le soluzioni proposte, anche se verranno attuate, potranno solo ritardare il grande crac. Vediamole in sintesi, partendo dalle ragioni del crollo. Senza indagare sulle deficienze strutturali del sistema capitalista, accenniamo alla causa scatenante della crisi in atto. Si chiama finanza creativa. Consiste nel prestare denaro spalmando i rischi su una miriade di titoli complessi immessi sul mercato mobiliare. Il fine è lucrare interesse, sia sui mutui che sulla negoziazione dei titoli. Usura che genera usura, come in tutte le bolle speculative che sfociano in crac. Questa volta l’ondata malefica è partita dal settore immobiliare. Per facilitare l’acquisto di case, le banche offrivano mutui fino al 100% del valore dell’immobile. I titoli rappresentativi dei mutui venivano impacchettati, insieme ad altri titoli, in obbligazioni vendute sul mercato, con due vantaggi per le banche: trasferire ad altri operatori il rischio d’insolvenza dei propri clienti e rientrare subito del denaro prestato per erogare altri prestiti. Questo gioco sporco non poteva durare a lungo. Nell’estate 2007 il mercato si è accorto che molti mutuatari non avrebbero potuto restituire i soldi ricevuti, facendo crollare, non solo le obbligazioni che contenevano mutui inesigibili, ma anche altri titoli legati a valori immobiliari. Il capro espiatorio sono state le agenzie di rating, accusate di aver minimizzato il potenziale problema, ma ormai la finanza creativa era stata smascherata.

L’idea di spalmare il rischio trasferendolo ad altri, non riguardava solo i mutui immobiliari. Molti altri impieghi delle banche erano stati impacchettati in obbligazioni vendute sul mercato: prestiti per l’acquisto di auto, carte di credito, finanziamenti di fusioni e acquisizioni. Stavolta sul banco degli imputati è finita anche la Lehman Brothers, accusata di aver cucinato i libri contabili, cioè di aver nascosto 13 miliardi di crediti ormai inesigibili. Di fronte alla prospettiva del fallimento, sono emersi due possibili acquirenti, laBank of America e la Barclays, i quali chiedevano al governo americano di sostenere la transazione con fondi federali, come aveva fatto con altre banche ed assicurazioni invischiate nel losco affare dei mutui subprime. Ci riferiamo a Fannie Mae e Freddie Mac, salvate con un piano di 200 miliardi di $, e all’American International Group (Aig), benficiaria di altri 85 miliardi di $. Ma il governo si è rifiutato, la Barclays ha ritirato la sua offerta e Bank of America ha preferito comprare Merrill Lynch. Così, alla prestigiosa Lehman Brothers, non è rimasta altra scelta che dichiarare il fallimento, scatenando il panico sui mercati finanziari. Passiamo ora ad analizzare le soluzioni prospettate. Il presidente della Federal Reserve, l’economista Ben Bernanke, ha studiato molto bene la crisi del 1929. La sua teoria è nota: per evitare una nuova grande depressione, la banca centrale può anche gettare pacchi di banconote con un elicottero. In sostanza, è quanto si vuole che avvenga.

Dieci grandi banche (Bank of America, Citibank, Barclays, Credit Suisse, Ubs, JpMorgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Morgan Stanley) hanno costituito un fondo di 70 miliardi di dollari per assicurarsi liquidità aggiuntiva. Il Tesoro americano ha varato il piano Paulson per 700 miliardi di dollari, al fine di acquistare i titoli senza valore di mercato dalle banche in difficoltà. Questi titoli saranno gestiti dal Tesoro stesso in piena autonomia, cioè assumendo gestori di fondi ed intermediari specializzati, ma soprattutto nella più totale impunità, cioè al riparo da eventuali azioni legali di risparmiatori e contribuenti. È dovuto intervenireGeorge Bush per garantire il sostegno bipartisan al piano. In questa difficile congiuntura, come è avvenuto per tutto il secolo americano, gli USA hanno dapprima esportato la crisi e poi chiesto il sostegno degli altri Paesi attraverso le istituzioni finanziarie internazionali, costituite per sostenere i loro interessi imperialisti e trasformate progressivamente in agenti dell’oligarchia mondialista. Con queste premesse, è nata l’iniziativa di Dominique Strauss- Khan. In vista della prossima riunione del Fondo Monetario Internazionale, che si terrà a Washington nel mese di ottobre, ha chiesto agli Stati di fare, al loro interno ed a livello globale, ciò che stanno facendo gli USA.

L’intervento a breve termine dovrebbe essere così articolato: iniezione di nuova liquidità, acquisizione degli attivi inesigibili, apporto di capitali a vantaggio delle banche in crisi. Un’agenzia intergovernativa dovrebbe acquisire i crediti inesigibili e detenerli fino a quando non giungono a scadenza e possono essere rivenduti senza rischi. La soluzione proposta, da tutte queste persone di grande intelligenza, è fin troppo banale: ricapitalizzare il sistema finanziario col sostegno pubblico, sia a livello statale che mondiale. Lo Stato, questo vecchio arnese messo ai margini dell’economia dai profeti del liberismo, dovrebbe ora intervenire per salvare i profitti dei banchieri. La cooperazione internazionale, rimpiazzata dalla global governance dei poteri occulti, viene ora invocata per evitare il peggio. Resta da chiedersi perché il resto del mondo dovrebbe salvare dal crollo la civiltà americana. Alcuni invocano un vago senso di responsabilità globale, quello funzionale all’attuazione del progetto mondialista. Altri l’interdipendenza economica, quella imposta con la guerra permanente. Forse un nuovo conflitto mondiale, un attacco alla Russia o all’Iran, darebbe fiato all’economia USA, come avvenne nel 1939, a dieci anni dal crollo storico di Wall Street. La teoria tardoimperialista dello scontro di civiltà col mondo arabo e le operazioni militari contro presunte centrali del terrorismo islamico sono servite a poco. Ma il secolo americano è finito. L’oligarchia è seriamente in crisi. Al crollo simbolico della Lehman Brothers seguirà l’implosione di tutto il sistema. Il vero problema, nella teoria e nella prassi rivoluzionaria, non è stabilire tra quanti anni ciò avverrà e quanta moneta sarà bruciata nel prossimo grande crac, ma è capire quanti e quali uomini resteranno in piedi tra le rovine dell’utopia mercatista per costruire un vero socialismo.

Raffaele Ragni 
Rinascita Campania

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19.9.08

Once we were bankers di Eugenio Benetazzo                           Pubblicato il 19/09/2008

Once we were bankers, cioè una volta eravamo banchieri, così si presenteranno tra dieci anni davanti ad una pinta di birra in un qualche squallido pub di alcolizzati, molti consiglieri di amministrazione di istituti di credito e di banche d'affari che sono destinati a fallire nei prossimi trimestri. Ormai le prime pagine dei giornali si sprecano con titoli sempre più drammatici del tipo siamo innanzi ad un altro 29, i mercati collassano come nel 29, panico in borsa come nel 29 e così via ricalcando su questo stile.  E pensare che quando due anni fa scrissi prima, Duri e Puri: Aspettando un nuovo 1929, e successivamente, Best Before: Preparati al peggio, venni letteralmente bannato come un ridicolo catastrofista e censurato da quasi tutti i forum finanziari per il pessimismo ostentato. A distanza di due anni adesso fanno tutti a gara a scimmiottare il mio pensiero, i miei avvertimenti ed i miei consigli: andate a vedervi come in Marzo di quest'anno preannunciavo il fallimento di tre banche americane con largo anticipo ! Ma per quanto si sforzino di tentare di dare una spiegazione tecnicamente raffinata ed inattacabile, la maggior parte di questi giornalisti, analisti e trader di borsa non fa altro che dimostrarsi un mero replicante di notizie clonate ed apprese di sfuggita dalla televisione o lette avidamente in qualche redazionale economico.
 
Non siamo innanzi ad un altro 1929, ma già come scrivevo con inaspettato anticipo nel 2006, abbiamo di fronte un nuovo 1929, ovvero uno scenario macroeconomo di crisi globale che non ha precedenti storici e che non si può spiegare riduttivamente ancorandosi ai vecchi ed obsoleti modelli econometrici. Dalla Northern Rock alla Indymac, dalla Bear Stearns alla Fannie Mae, dalla Lehman Brothers alla AIG, troviamo un denominatore in comune: più grande è la banca, più la probabilità che essa sia stata oggetto di contagio finanziario tende ad aumentare. Già qui individuiamo un primo elemento distintivo: il 1929 vide una carneficina di piccoli istituti di credito cascare uno dietro l'altro quasi ad effetto domino, mentre i grandi colossi bancari di allora rimanevano relativamente immuni dal crash economico. Nel 2008 assistiamo ad una caratteristica situazionale esattamente opposta: più sono ridotte le dimensioni della banca, più elevata diventa la presunzione di stabilità finanziaria. Questo è una naturale conseguenza della gestione ordinaria dell'attività bancaria per un piccolo istituto di credito: infatti difficilmente quest'ultimo ha spinto all'estremo l'erogazione dei mutui ad intervento integrale, difficilmente ha rapporti ed interessi strategici con le grandi realtà bancari e difficilmente, infine, ha ideato e progettato prodotti finanziari strutturati con il fine unico di ottenere ingenti facili profitti e sodomizzare contemporaneamente con grande eleganza la propria clientela. Ecco perchè ho sempre appoggiato, per esempio, il circuito del credito cooperativo (attenzione però che nel cesto ci potrebbe essere sempre qualche isolata mela marcia).
 
Per ritornare in argomento sappiate comunque che la crisi è solo all'inizio, tutt'altro che passata ! Pensate all'estate scorsa, quando iniziarono le prime avvisaglie dei subprime statunitensi: dai media nazionali ci venne subito raccontato che non ci si doveva preoccupare in quanto l'Europa più di tanto non era coinvolta. Le stime iniziali sulle perdite presunte ammontavano a circa 250 MLD di dollari. Oggi siamo ad oltre i 2000 MLD.
Generalmente gli Stati Uniti anticipano gli altri mercati con sei/nove mesi, perciò è presumibile aspettarsi nei prossimi mesi momenti poco incoraggianti anche per la situazione finanziaria in Europa. Tanto per dare qualche spunto di riflessione portiamo ad esempio il caso sovietico con il governo russo che è dovuto intervenire per sostenere le prime tre banche del paese: non da meno si è deciso di congelare le quotazioni di borsa per due giorni consecutivi.
In Europa chi con certezza se la sta passando molto male sono il Regno Unito e la Spagna. Per il primo si sta vivendo un momento di forte preoccupazione per le sorti di HBOS (Halifax Bank of Scotland), la più antica e prestigiosa banca inglese, mentre la Spagna sta vivendo la peggior crisi immobiliare della sua storia. Molto presto anche nel paese della paella ci scapperà il morto.
 
A sentire gli insiders degli Uffici Legali, anche l'Italia non se la passa così bene come le discutibili rassicurazioni del Presidente del Consiglio a Porta a Porta darebbero a pensare. Solo nella mia regione ci sono alcuni istituti di credito con oltre 5.000 contratti di mutuo di ultima generazione in sofferenza, alcuni sono riusciti a cartolarizzarli (scaricando quindi su di voi il rischio di default), altri li hanno ancora sul groppone. Prestate attenzione a sottoscrivere prodotti di liquidità con tassi di interesse molti allettanti: rappresentano il disperato tentativo di drenare liquidità dal mercato.  Lo stesso Draghi ha cambiato in meno di sei mesi le sue posizioni e convinzioni sulla crisi in atto. Voglio riportarvi un esempio emblematico che mi ha visto partecipe in prima persona: tre mesi fa una prestigiosa (si fa per dire) ed imponente banca italiana non mi ha consentito di incassare per contanti un suo assegno CIRCOLARE di 1.500 euro sostenendo che non aveva liquidità sufficiente in cassa, invitandomi pertanto a tornare il giorno successivo. I dipendenti della filiale pensavano fosse una candid camera, ma quando mi hanno sentito chiamare il 112 per verbalizzare lo stato di insolvenza,  improvvisamente hanno fatto spuntare fuori una mazzetta di banconote da 5 euro e qualche blister di monete da 2 euro e si sono letteralmente messi a contare sull'unghia euro su euro !
 
La crisi assumerà presto anche un altro volto quando inizierà ad emergere anche il marcio del sistema industriale anch'esso drogato e sovralimentato dal debito facile e dalle promesse illusorie del turbocapitalismo sfrenato. Il ridimensionamento dei fidi e delle esposizioni debitorie con il rientro forzato dagli scoperti sta già facendo le sue vittime. Solo nella provincia di Vicenza tre recenti casi eclatanti di imminente default industriale hanno già colpito grandi aziende leader di mercato, passando dal settore tessile a quello metalmeccanico. 
La Cassa Integrazione che colpisce migliaia di lavoratori e lo spettro dell'insoluto quotidiano che inquieta il sonno di imprenditori si occuperanno di fare il resto, andando ad alimentare l'altra faccia della crisi quella socioeconomica. Persino Confindustria ormai non riesce più a nascondere la gravità dell'attuale periodo storico, sottolineando come il nostro paese sia in piena recessione, purtroppo di natura strutturale e non ciclica come ci vogliono erroneamente convincere i media.
 
L'effetto detonatore finale tuttavia lo dovrebbero dare i Credit Default Swaps ovvero i CDS, per non dilungarmi eccessivamente con terminologie tecniche troppo noiose, li potete considerare come sofisticate polizze assicurative che coprono il rischio per un sottoscrittore di un obbligazione che la stessa non venga poi onorata alla scadenza prestabilita. Ecco quindi come si spiega il comportamento discriminatorio della FED riguardo ai recenti fallimenti e salvataggi: alcune banche sono state nazionalizzate (quindi il popolo americano si è preso in quel posto le perdite capitalizzando gli istituti), mentre altre sono state abbandonate al loro destino. Questa strategia discriminatoria è stata implementata sapendo benissimo che ci saranno altre banche da salvare nei prossimi trimestri e soprattutto perchè il fallimento di alcuni istituti come Fannie Mae o Freddie Mac avrebbe comportato perdite per successivi rimborsi assicurativi legati ai CDS notevolmente superiori agli aiuti federali. La Fed e le altre banche centrali non so fino a dove si spingeranno: ormai è una consuetudine ascoltare da più di un anno rumors del tipo sono state imesse ingenti iniezioni di liquidità per stabilizzare il sistema. Questo tipo di notizia viene presentata come se fosse una fenomenale medicina per tutti i mali del sistema, ma purtroppo non è così ! Più si vuole intervenire a sostegno del malato moribondo, più si acconsentirà di farlo sopravvivere intubato ed alimentato artificialmente. Solo una crisi dalle conseguenze ingestibili, proprio come quella che stiamo vivendo, potrà gettare le basi e le condizioni per ridisegnare e riorganizzare completamente ripartendo da zero sia il sistema monetario che quello di accesso al credito. Ma questo comporterebbe decretare la fine della globalizzazione e della intoccabile influenza dei potenti banchieri del pianeta, a strepitoso vantaggio di tutti i popoli della Terra.

14.9.08

UN FUNGO ATOMICO SOPRA WALL STREET

DI MIKE WHITNEY 
Counterpunch

"Paulson ha solo l’intenzione di regalare un trattamento di lusso ai suoi amici banchieri, mentre i tassi di interesse salgono, i fondi pensione collassano, il mercato immobiliare crolla e il dollaro compie l’ultima nuotata del cigno in una piscina di lava incandescente"

Una banca per domarli, 
Una banca per ghermirli e nel buio incatenarli…


Questi sono tempi oscuri. Mentre stavate dormendo gli scarafaggi erano intenti al loro lavoro, rovistando nella Costituzione Usa e mettendo i tocchi finali al piano per ottenere potere assoluto sui mercati finanziari della nazione e sul futuro economico del paese. Il rappresentante dell’industria Henry Paulson ha sottoposto al Congresso una legge che metterà fine alla pretesa che Bush controlli qualcosa di più dello schermo di 4 x 6 pollici situato a pochi centimetri dai suoi occhi privi di vita e su cui legge le ultime notizie. Al potere ora c’è Paulson, e il coronamento avverrà in qualche momento all’inizio di questa settimana. Egli è salito al potere tramite un ben mascherato colpo di Stato dei banksters [gioco di parole: banchieri-gangsters n.d.t.] in cui lui, della sua cerchia di furbi amici, ha dichiarato la legge marziale sull’economia Usa elevando se stesso a leader supremo. 

“Ave Cesare!” i giorni della Repubblica sono finiti. 

A seguire: "Economisti contro il piano Paulson". 

La sezione otto della proposta di legge dice tutto: 

“Le decisioni del Segretario in seguito all’autorità di questa legge sono insindacabili [non-reviewable] e a discrezione dell’agenzia [la nuova agenzia creata appositamente da questa legge N.d.t.], e non possono essere sottoposte all’esame di nessun tribunale o agenzia amministrativa”.


Esatto; supremazia “insindacabile”. 

Il Congresso, naturalmente, è più che ansioso di abdicare a qualunque piccola autorità gli sia rimasta. Sono infinitamente grati per il loro ruolo puramente cerimoniale, l’equivalente del cavallo di Caligola, anche se con molta meno dignità. Anche solo un senatore ha parlato contro questa follia, che, secondo sondaggi informali via Internet, è completamente rigettata dagli elettori? Forse Shelby dell’Alabama, l’unico repubblicano che ha votato contro l’abrogazione della legge Glass-Steagall nel 1999 [Legge risalente al 1933 che includeva misure contro la speculazione finanziaria. N.d.t.]. I membri del Congresso sono in qualche modo preoccupati che la presente crisi finanziaria è stata creata dalla proliferazione in vendita di migliaia di miliardi di dollari di obbligazioni spazzatura sui mutui, fraudolentemente presentate come obbligazioni da tripla A dalle stesse persone che ora affermano il bisogno di poteri dittatoriali senza precedenti per risolvere il problema? O sono più preoccupati che il costante torrente di contributi che fluisce da Wall Street alle casse delle campagne elettorali venga sconvenientemente distrutto se non ratificassero quest’ultimo assalto al governo democratico? La Camera dei Rappresentanti è un enorme mucchio di sterco fumante che dovrebbe essere raso al suolo e trasformato in un parco giochi da quel bordello pagato dai contribuenti che è ora. È un patetico gruppo di codardi e bifolchi. 

Bloomberg News: 

“L’amministrazione Bush, con quella che sarebbe un’intrusione senza precedenti del governo nei mercati, ha chiesto al Congresso poteri illimitati per comprare $ 700 miliardi di investimenti in cattivi mutui dalle aziende finanziarie. Tramite questo piano il segretario al Tesoro Henry Paulson mira a rovesciare un congelamento del credito che porterebbe il sistema finanziario e la maggiore economia mondiale su un binario morto. La legge impedirebbe ai tribunali di esaminare le azioni intraprese sotto quest’autorità. 

‘Sta chiedendo una quantità enorme di potere’, ha detto l’economista della New York University Nouriel Roubini. ‘Sta dicendo: fidatevi di me, farò tutto bene se mi date un controllo assoluto. Questa non è una monarchia’”. (Bloomberg)


I banksters sono i proprietari di questo paese e lo sono sempre stati; solo che ora hanno deciso di togliersi la maschera e mostrare il macabro volto del burattinaio. Non è bello. 

Paulson ha deciso che i mercati finanziari avevano bisogno di una plastica facciale di emergenza da mille miliardi di dollari qualche settimana prima che i suoi ex compagni d’affari della G-Sax [Goldman Sachs N.d.t.] vengano trascinati al patibolo del fallimento. È questa la ragione? Tutti a Wall Street sanno che lo sguardo del toro si era già spostato dalla schiena sanguinante della Lehman e stava per posarsi sulla Goldman. Ora sembra che sfuggiranno al loro giorno del giudizio per la grazia all’ultimo minuto concessa da Paulson. Bel colpo, eh? 

Dalla proposta di legge: 

Proposta di legge per l’acquisto da parte dell’autorità del Tesoro di beni legati ai mutui

"(3) designazione di istituzioni finanziarie come agenti finanziari del governo che eseguano tutti i ragionevoli doveri legati a questa legge, come può venire richiesto loro in qualità di agenti finanziari del governo”


Karl Denninger di Market Ticker ha riassunto bene questo fatto: 

“Questa è una nazionalizzazione di fatto dell’intero sistema bancario, assicurativo e e del sistema finanziario collegato. Proprio così: ogni banca o altra istituzione finanziaria degli Stati Uniti potrebbe essere appena diventata, di fatto, un organo del governo degli Stati Uniti, se Hank Paulson lo ritiene giusto, ed egli potrebbe ordinare loro di fare virtualmente qualunque cosa egli affermi sia a compimento di questa legge... Il decreto dà a Paulson la capacità di nazionalizzare quantità illimitate di debito privato e costringere voi e i vostri figli a pagarlo”


Ancora Denninger: 

“L’affermazione è che tutto ciò sia volto a ‘promuovere fiducia e stabilità’ nei mercati finanziari. Non farà nulla del genere. Incuterà invece il terrore nei cuori degli investitori di tutto il mondo in possesso di qualunque pezzo di carta, che sia un’azione ordinaria, un’azione privilegiata o un debito, di qualunque entità finanziaria che sia domiciliata negli Stati Uniti, indipendentemente da qualunque impatto potenziale delle rendite del Tesoro o della valutazione sul credito degli Stati Uniti. 

Prevedo che se questa legge passerà farà precipitare la madre e il padre di tutti i panici finanziari.” (Market Ticker)



[G. W. Bush e H. Paulson]

Amen. La trasformazione da un libero mercato ad un’economia gestita da uomini il cui giudizio e la cui credibilità sono già messi in grave dubbio; non è di buon auspicio per i mercati o per il paese. Chiunque abbia un minimo di cervello, come prima cosa, lunedì, ritirerebbe i suoi investimenti e andrebbe a cercare i Campi Elisi del capitale oltremare, o nel posto più lontano possibile dallo spettacolo del circo gestito dal capo della combriccola G-Sax, il colonnello Klink. 

Speriamo che il popolo americano sia di stoffa più dura del Congresso e rifiuti questa sciarada. Il discorso dovrebbe essere spostato dalla concessione di maggiore autorità agli strozzini in gessato, all’accusa di frode finanziaria. Pure la nazione in maggiore difficoltà economica dovrebbe riuscire a permettersi un po’ di catene e qualche centinaio di celle. E’ tutto ciò che serve. 

Il piano di Paulson per rivitalizzare il sistema bancario è comprare centinaia di miliardi di dollari di securities poggiate su mutui (MBS) non monetizzabili, beni e altri strumenti di debito altrettanto velenosi. Egli ignora che questi complessi derivati sono già stati valutati dal mercato [“marked to market”] nella recente liquidazione della Merrill Lynch. Solo poche settimane fa la Merrill ha venduto $ 31 miliardi di queste CDO [ Collateralized debt obligations : obbligazioni di debito collateralizate] più o meno per 20 centesimi contro ciascun dollaro di valore fornendo il 75% del finanziamento, il che vuol dire che queste CDO erano in realtà valutate più o meno sei centesimi [per ogni dollaro nominale]. Se questo è l’accordo che Paulson ha in mente, allora il contribuente è proprio servito. Ma questo non ricapitalizzerà i bilanci delle banche, né cancellerà l’oceano di inchiostro rosso nei conti che sta allagando il sistema finanziario. No, Paulson ha solo l’intenzione di regalare un trattamento di lusso ai suoi amici banchieri, mentre i tassi di interesse salgono, i fondi pensione collassano, il mercato immobiliare crolla e il dollaro compie l’ultima nuotata del cigno in una piscina di lava incandescente. Grazie, Hank. 

L’economista e autore Henry Liu ha riassunto l’attuale manovra in questo modo: “la Fed sta semplicemente cercando di iniettare denaro per impedire che i prezzi non supportati da fondamenti economici cadano. È la ricetta per una iperinflazione. L’unico modo per mantenere alti i prezzi di beni senza valore è quello di abbassare il valore del denaro. E questa sembra essere la strategia non dichiarata della Fed”. 

Infatti. La Fed e il Tesoro hanno deciso di fare un assist all’intero sistema finanziario globale (anche le banche straniere possono accedere ai servizi della Fed!) con denaro contante che sta rapidamente perdendo il suo valore. Guardate il prossimo crollo del dollaro nel mercato valutario. 

Il Congresso viene passato sotto uno schiacciasassi e il popolo americano viene preso per i fondelli. La fiducia dei consumatori, già ai minimi storici, è destinata a cadere a piedi uniti nella fossa. Qualcosa sta per cedere. 

Un minuto prima tutto va bene; la crisi dei subprime è “contenuta” e “i fondamenti della nostra economia sono forti” (Paulson). Meno di una settimana dopo il Congresso, per fermare l’Armageddon economica, è costretto a rinunciare al suo mandato costituzionale di supervisionare le spese. Qual è la verità? Oppure il vero obiettivo è mantenere il paese emotivamente in bilico abbastanza a lungo perché tutto il potere statale sia fatto proprio dal Politburo di Wall Street? 

Nessuno sa cosa accadrà adesso. Siamo in acque sconosciute. E nessuno sa quale sarà il panorama politico dopo che la polvere di questa oltraggiosa presa di potere si sarà posata. Secondo Paulson le cose sono messe così male che l’intera nazione sarà ridotta in macerie e metallo contorto. Ma possiamo fidarci di lui dopo la sua lunga litania di bugie? 

Non è giunto il momento di ricacciare nei loro buchi gli scarafaggi e far venire quelli delle pulizie e disinfestare tutto? 

Non lasciare che la prospettiva di una crisi nazionale ti porti a cedere la tua libertà, America. Le persone dietro questa truffa sono gli stessi squali e imbroglioni che hanno inquinato il mercato globale con il loro olio di serpente e i loro liquami tossici. E, soprattutto, questi sono i truffatori che hanno fabbricato la crisi. Sii decisa. Non indietreggiare. Forse le nostre basi economiche stanno crollando, ma non la nostra determinazione. Questo paese è nostro, non della Goldman Sachs. Le persone che hanno distrutto l’America devono essere messe di fronte alle loro responsabilità. Il loro momento sta per arrivare. La giustizia prima di tutto. 

Mike Whitney vive nello stato di Washington. Può essere contattato all’indirizzo fergiewhitney@msn.com

Titolo originale: " Mushroom Clouds Over Wall Street "

Fonte: http://www.counterpunch.org
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22.09.2008

ECONOMISTI CONTRO IL PIANO PAULSON

Al Presidente della Camera dei Rappresentanti e al Presidente pro tempore del Senato: 

Come economisti vogliamo esprimere al Congresso la nostra grande preoccupazione per il piano proposto dal segretario al Tesoro Paulson per affrontare la crisi finanziaria. Siamo ben consapevoli delle difficoltà dell’attuale situazione finanziaria, e siamo d’accordo con la necessità di un’azione decisa per assicurare che il sistema finanziario continui nella sua funzione. Vediamo tre azzardi fatali nel piano attualmente proposto: 

1) La sua equità. Il piano è un sussidio agli investitori a spese dei contribuenti. Gli investitori che hanno intrapreso dei rischi per guadagnare profitti devono anche assumersene le perdite. Non tutti i fallimenti aziendali portano rischi sistemici. Il governo può assicurare un’industria finanziaria ben funzionante, capace di fare nuovi prestiti ai creditori meritevoli, senza tirare fuori dei guai particolari investitori e istituzioni le cui scelte si sono dimostrate imprudenti. 

2) La sua ambiguità. Né la missione della nuova agenzia né la sua supervisione sono chiari. Se i contribuenti devono comprare beni opachi e non monetizzabili da venditori nei guai, i termini, l’opportunità e i metodi di tali acquisti devono essere di una chiarezza cristallina in partenza e attentamente monitorati nel seguito. 

3) I suoi effetti a lungo termine. Se il piano verrà posto in atto, i suoi effetti saranno con noi per una generazione. Nonostante tutti i suoi recenti guai, i mercati, dinamici e innovativi, del capitale privato americano hanno portato alla nazione una prosperità senza precedenti. Indebolire in modo fondamentale tali mercati per calmare disastri a breve termine è qualcosa di terribilmente miope. 

Per queste ragioni noi chiediamo al Congresso di non affrettarsi, di tenere udienze appropriate, di considerare con cura la giusta linea di azione, e di decidere con saggezza il futuro dell’industria finanziaria e dell’economia Usa per gli anni a venire. 

FIRME

Acemoglu Daron (Massachussets Institute of Technology)
Adler Michael (Columbia University)
Admati Anat R. (Stanford University)
Alexis Marcus (Northwestern University)
Alvarez Fernando (University of Chicago)
Andersen Torben (Northwestern University)
Baliga Sandeep (Northwestern University)
Banerjee Abhijit V. (Massachussets Institute of Technology)
Barankay Iwan (University of Pennsylvania)
Barry Brian (University of Chicago)
Bartkus James R. (Xavier University of Louisiana) 
Becker Charles M. (Duke University)
Becker Robert A. (Indiana University)
Beim David (Columbia University)
Berk Jonathan (Stanford University)
Bisin Alberto (New York University)
Bittlingmayer George (University of Kansas)
Boldrin Michele (Washington University)
Brooks Taggert J. (University of Wisconsin)
Brynjolfsson Erik (Massachusetts Institute of Technology)
Buera Francisco J. (UCLA)
Camp Mary Elizabeth (Indiana University)
Carmel Jonathan (University of Michigan)
Carroll Christopher (Johns Hopkins University)
Cassar Gavin (University of Pennsylvania)
Chaney Thomas (University of Chicago)
Chari Varadarajan V. (University of Minnesota)
Chauvin Keith W. (University of Kansas)
Chintagunta Pradeep K. (University of Chicago)
Christiano Lawrence J. (Northwestern University)
Cochrane John (University of Chicago)
Coleman John (Duke University)
Constantinides George M. (University of Chicago)
Crain Robert (UC Berkeley)
Culp Christopher (University of Chicago)
Da Zhi (University of Notre Dame)
Davis Morris (University of Wisconsin)
De Marzo Peter (Stanford University)
Dubé Jean-Pierre H. (University of Chicago)
Edlin Aaron (UC Berkeley)
Eichenbaum Martin (Northwestern University)
Ely Jeffrey (Northwestern University)
Eraslan Hülya K. K.(Johns Hopkins University)
Faulhaber Gerald (University of Pennsylvania)
Feldmann Sven (University of Melbourne)
Fernandez-Villaverde Jesus (University of Pennsylvania)
Fohlin Caroline (Johns Hopkins University)
Fox Jeremy T. (University of Chicago)
Frank Murray Z.(University of Minnesota)
Frenzen Jonathan (University of Chicago)
Fuchs William (University of Chicago)
Fudenberg Drew (Harvard University)
Gabaix Xavier (New York University)
Gao Paul (Notre Dame University)
Garicano Luis (University of Chicago)
Gerakos Joseph J. (University of Chicago)
Gibbs Michael (University of Chicago)
Glomm Gerhard (Indiana University)
Goettler Ron (University of Chicago)
Goldin Claudia (Harvard University)
Gordon Robert J. (Northwestern University)
Greenstone Michael (Massachusetts Institute of Technology)
Guadalupe Maria (Columbia University)
Guerrieri Veronica (University of Chicago)
Hagerty Kathleen (Northwestern University)
Hamada Robert S. (University of Chicago)
Hansen Lars (University of Chicago)
Harris Milton (University of Chicago)
Hart Oliver (Harvard University)
Hazlett Thomas W. (George Mason University)
Heaton John (University of Chicago)
Heckman James (University of Chicago - Nobel Laureate)
Henderson David R. (Hoover Institution)
Henisz, Witold (University of Pennsylvania)
Hertzberg Andrew (Columbia University)
Hite Gailen (Columbia University)
Hitsch Günter J. (University of Chicago)
Hodrick Robert J. (Columbia University)
Hopenhayn Hugo (UCLA)
Hurst Erik (University of Chicago)
Imrohoroglu Ayse (University of Southern California)
Isakson Hans (University of Northern Iowa)
Israel Ronen (London Business School)
Jaffee Dwight M. (UC Berkeley)
Jagannathan Ravi (Northwestern University)
Jenter Dirk (Stanford University)
Jones Charles M. (Columbia Business School)
Kaboski Joseph P. (Ohio State University)
Kahn Matthew (UCLA)
Kaplan Ethan (Stockholm University)
Karolyi, Andrew (Ohio State University)
Kashyap Anil (University of Chicago)
Keim Donald B (University of Pennsylvania)
Ketkar Suhas L (Vanderbilt University)
Kiesling Lynne (Northwestern University)
Klenow Pete (Stanford University)
Koch Paul (University of Kansas)
Kocherlakota Narayana (University of Minnesota)
Koijen Ralph S.J. (University of Chicago)
Kondo Jiro (Northwestern University)
Korteweg Arthur (Stanford University)
Kortum Samuel (University of Chicago)
Krueger Dirk (University of Pennsylvania)
Ledesma Patricia (Northwestern University)
Lee Lung-fei (Ohio State University)
Leeper Eric M. (Indiana University)
Leuz Christian (University of Chicago)
Levine David I.(UC Berkeley)
Levine David K.(Washington University)
Levy David M. (George Mason University)
Linnainmaa Juhani (University of Chicago)
Lott John R.  Jr. (University of Maryland)
Lucas Robert (University of Chicago - Nobel Laureate)
Luttmer Erzo G.J. (University of Minnesota)
Manski Charles F. (Northwestern University)
Martin Ian (Stanford University)
Mayer Christopher (Columbia University)
Mazzeo Michael (Northwestern University)
McDonald Robert (Northwestern University)
Meadow Scott F. (University of Chicago)
Mehra Rajnish (UC Santa Barbara)
Mian Atif (University of Chicago)
Middlebrook Art (University of Chicago)
Miguel Edward (UC Berkeley)
Miravete Eugenio J. (University of Texas at Austin)
Miron Jeffrey (Harvard University)
Moretti Enrico (UC Berkeley)
Moriguchi Chiaki (Northwestern University)
Moro Andrea (Vanderbilt University)
Morse Adair (University of Chicago)
Mortensen Dale T. (Northwestern University)
Mortimer Julie Holland (Harvard University)
Muralidharan Karthik (UC San Diego)
Nanda Dhananjay  (University of Miami)
Nevo Aviv (Northwestern University)
Ohanian Lee (UCLA) 
Pagliari Joseph (University of Chicago)
Papanikolaou Dimitris (Northwestern University)
Parker Jonathan (Northwestern University)
Paul Evans (Ohio State University)
Pejovich Svetozar (Steve) (Texas A&M University)
Peltzman Sam (University of Chicago)
Perri Fabrizio (University of Minnesota)
Phelan Christopher (University of Minnesota)
Piazzesi Monika (Stanford University)
Piskorski Tomasz (Columbia University)
Rampini Adriano (Duke University)
Reagan Patricia (Ohio State University)
Reich Michael (UC Berkeley)
Reuben Ernesto (Northwestern University)
Roberts Michael (University of Pennsylvania)
Robinson David (Duke University)
Rogers Michele (Northwestern University)
Rotella Elyce (Indiana University) 
Ruud Paul (Vassar College)
Safford Sean (University of Chicago)
Sandbu Martin E. (University of Pennsylvania)
Sapienza Paola (Northwestern University) 
Savor Pavel (University of Pennsylvania)
Scharfstein David (Harvard University)
Seim Katja (University of Pennsylvania)
Seru Amit (University of Chicago)
Shang-Jin Wei (Columbia University)
Shimer Robert (University of Chicago)
Shore Stephen H. (Johns Hopkins University)
Siegel Ron (Northwestern University)
Smith David C. (University of Virginia)
Smith Vernon L.(Chapman University- Nobel Laureate)
Sorensen Morten (Columbia University)
Spiegel Matthew (Yale University)
Stevenson Betsey (University of Pennsylvania)
Stokey Nancy (University of Chicago)
Strahan Philip (Boston College)
Strebulaev Ilya (Stanford University)
Sufi Amir (University of Chicago)
Tabarrok Alex (George Mason University)
Taylor Alan M. (UC Davis)
Thompson Tim (Northwestern University)
Tschoegl Adrian E. (University of Pennsylvania)
Uhlig Harald (University of Chicago)
Ulrich, Maxim (Columbia University)
Van Buskirk Andrew (University of Chicago)
Veronesi Pietro (University of Chicago)
Vissing-Jorgensen Annette (Northwestern University)
Wacziarg Romain (UCLA)
Weill Pierre-Olivier (UCLA)
Williamson Samuel H. (Miami University)
Witte Mark (Northwestern University)
Wolfers Justin (University of Pennsylvania)
Woutersen Tiemen (Johns Hopkins University)
Zingales Luigi (University of Chicago)
Zitzewitz Eric (Dartmouth College) 

Titolo originale: " Economists Against The Paulson Plan"

Fonte: http://www.informationclearinghouse.info
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25.09.2008

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