12.8.07

Da ripetere tre volte al giorno , prima e dopo i pasti, come un mantra anti-revisionismo ed anti-complottismo.

( Categorie: Acido Critico)
Riporto un post immortale, sui pericoli NON della democrazia, ma sui pericoli che la cultura democratica porta.

Quando una democrazia inizia, la cultura e' elitaria ma il governo e' democratico. Essento una cultura aristocratica, essa distingue e tende al meglio.Essa funziona bene, come la democrazia.

In seguito, anche la cultura del paese diviene una cultura democratica da aristocratica. E iniziano i guai.



Iniziano i guai perche' la cultura democratica insegna che:

  • Il cittadino è onnisciente. Nonostante i fiumi di retorica da cui siamo inondati, la democrazia non è un valore in sé, bensì semplicemente un metodo mediante il quale un corpo sociale sceglie i propri valori, la proprie leggi, il proprio governo. Potrebbe sceglierli in mille altri modi; in regime democratico, il corpo sociale attua tale scelta attribuendo al cittadino la possibilità di esprimere il proprio volere in una determinata occasione (le elezioni) e con un determinato sistema (il voto). Ogni cittadino è chiamato a votare e col voto ogni cittadino esprime implicitamente una valutazione, un giudizio, sul governo esistente o su quello che auspicherebbe. Ed ecco che si nota qui il primo postulato dello spirito democratico: il cittadino è onnisciente, il cittadino ha conoscenze sterminate. Poiché infatti l'operato del governo, e della legge in generale, copre pressoché ogni aspetto dell'esistenza umana, poiché il governo avrà una politica estera, una politica della scuola, una politica economica, una politica della famiglia, una politica dello sport, una politica ambientale, ecc., il cittadino - chiamato a valutare su questi ambiti il suo governo - si suppone che sia pressoché onnisciente, che sappia esprimere un'opinione (e si può immaginare quanto fondata!) su una serie di fatti che va dalla guerra in Iraq all'inquinamento elettromagnetico, dai Parmalat bond agli asili nido, dai rapporti con la Russia alle politiche per incentivare l'occupazione. Si chiede insomma al cittadino comune di saperne di più di quanto ne sapevano i grandi statisti del glorioso passato europeo: in fondo Richelieu era un gran volpone in politica estera, ma in politica interna ed economica forse non era poi questo genio, forse Colbert era un mago dell'economia ma in politca estera si trovava un po' spaesato; il cittadino moderno no, il cittadino moderno, lui, sa tutto, ma proprio tutto di tutto. Quanto questo aspetto dello spirito della democrazia sia in totale opposizione alla specializzazione crescente in ogni lavoro scientifico degno di tal nome, è superfluo notarlo.
Quello che voglio invece notare è un'altra cosa. Al cittadino hanno insegnato (e per primi glielo hanno insegnato quei tuttologi, quei sommi maestri dell'orbe universo che sono i giornalisti) che lui sa tutto: è facile allora che la convinzione di sapere tutto penetri in profondità nella sua mente, che lui si convinca di poter dare lezioni di storia agli storici e di scienza agli scienziati. Se io so tutto, ovunque la mia mente volga il suo occhio, troverò qualche vecchia idea da correggere, qualche nuova scoperta da fare, troverò qualcosa da innovare, da cambiare, da modificare; io so tutto, se non in atto certo perlomeno in potenza, e quindi ogni disciplina mi è aperta, in ogni disciplina posso dire la mia alla pari di chi in essa abbia trascorso una vita di ricerche.

  • Il voto è sintesi. Alle elezioni il cittadino è chiamato a dare una valutazione "tuttologa" sul governo passato e su quello che lui auspica. Vediamo ora come sia chiamato a dare questa valutazione. Lo strumento della democrazia è il voto, un singolo voto che il cittadino attribuisce al partito o allo schieramento di sua preferenza. Pensiamoci, si potrebbe votare in mille altri modi; si potrebbe ad esempio chiedere ai cittadini di esprimere delle "pagelle", di dire "a Tizio attribuisco 7 voti su 10, a Caio attribuisco 2 voti su 10, a Sempronio attribuisco 0 voti"; lo strumento della democrazia è invece un voto unico, mediante il quale il cittadino sintetizza tutto il proprio giudizio sullo sconfinato campo della politica. Si tratta a mio parere di una sintesi impressionante: tutta quell'enorme serie di conoscenze di cui il cittadino si suppone in possesso, tutta quell'enorme serie di valutazioni che si suppone il cittadino compia, deve essere compressa, condensata, sintetizzata nella semplice nuda espressione di un unico voto. E tale sforzo di sintesi comporta che ogni percezione degli aspetti fini delle questioni, ogni lettura in filigrana degli eventi, debbano essere impietosamente sfrondate. Il voto è un impoverimento delle questioni; si trova idealmente al polo opposto rispetto allo spirito analitico che la cultura deve possedere, rispetto alla quieta paziente tenace analisi dei fatti; certo, le sintesi possenti sono uno degli aspetti più attraenti della scienza e della cultura, ma queste sintesi non sono mai gratuite, dietro di esse c'è sempre una meticolosa opera di analisi, di scomposizione, giù giù fino ad arrivare al banale number-crunching della fisica o alle tediose cronologie della storiografia. Le sintesi gratuite sono infondate, le sintesi gratuite sono la fuffa a cui ci ha abituato il sistema del voto unico. Superfluo dire che, nei loro giudizi trancianti e nelle loro sbandierate certezze sono fuffa anche tutta la pseudostoria e la pseudoscienza.

  • La democrazia non tollera i privilegi. Il metodo democratico non ammette privilegi, ma a ciascun cittadino senza distinzione attribuisce uno ed un solo voto; certo, il potere esiste in democrazia e non potrebbe non esistere, ma nell'urna non ci sono privilegiati, vige la più assoluta e rigorosa uguaglianza. Ogni voto ha lo stesso peso, lo stesso valore di ogni altro voto. L'estensione di questo concetto di uguaglianza, fondativo dello spirito democratico, all'ambito della cultura ha effetti devastanti. Se i privilegi non sono tollerati in democrazia, se non sono tollerate classi o caste, non lo devono essere neppure nel campo della cultura; se tutti siamo uguali, rigorosamente uguali, tutti dovremo avere la stessa voce in capitolo in materia di cultura, tutti avremo diritto (parola dall'aspetto alquanto arrogante) di dire la nostra, di essere ascoltati, di scrivere, di parlare. Il pensionato INPS in materia di mitologia indiana avrà la stessa voce in capitolo del docente di sanscrito: l'abbattimento dei privilegi, anche dei privilegi dello spirito, è il reale demone che anima questo miserabile giacobinismo. Ecco allora tutto il fiorire di queste leggende metropolitane, sia nel campo della storia sia nel campo della scienza. Di solito il processo mentale che sta dietro tali fenomeni è semplice: la storia e la scienza sono difficili, sono discipline che richiedono una vita di studi, e quindi - implicitamente e naturalmente - la formazione di una casta di persone che, avendo operato questa scelta di vita, siano i professionisti della cultura. Ma l'uomo democratico non può tollerare ciò, non può tollerare la loro presenza, non può tollerare che loro ne sappiano più di lui, che loro non siano uguali a lui. Ecco allora che l'uomo democratico, mediante i due fattori descritti sopra (onniscienza e sintesi) si crea una sua storia, una sua scienza, belle belle, facili facili; storia e scienza fatte a suo uso e consumo, fatte di leggende metropolitane, di miti senza fondamento, di clamorose antiscientifiche bugie. Ma va bene, va bene così: l'importante è non dover ammettere che loro ne sappiano più di lui.

Voglio notare per inciso che la più antica delle democrazie, la polis di Atene, già conosceva questi abissi di volgarità che sono connaturati allo spirito stesso della democrazia: il famoso episodio dell'ostracismo di Aristide, ne è un esempio lampante.
Ma la polis ateniese non conosceva ancora l'ultima delle caratteristiche della democrazia, peculiare alle nostre contemporanee democrazie di massa:

  • La rivoluzione come hobby. Fin qui abbiamo analizzato come l'uomo democratico, tra i tanti hobby che potrebbe scegliersi, anziché dedicarsi alla distillazione della grappa o alla coltivazione delle petunie, abbia deciso di dedicarsi alla storia. E fin qui nulla di riprovevole. Abbiamo anche analizzato come lo spirito democratico lo spinga a voler dare lezioni ai professionisti della storia elaborando una pseudostoria a suo uso e consumo ed atteggiandosi quindi a "storico" o a "ricercatore". E questo è già molto più riprovevole. Assolutamente deprecabile, poi, è lo scopo che l'uomo democratico si prefigge nelle sue ricerche, nella continua elaborazione di nuove quanto infondate leggende metropolitane. Nonostante l'apparenza di potere democratico nella cui illusione si culla, l'uomo contemporaneo, in quanto infinitesimale frazione di un'enorme massa umana, si trova in condizioni di assoluta impotenza: nell'ancien régime poteva almeno decidere se e quando piantare un albero nella strada di fronte a casa, nella moderna democrazia non è libero neppure di prendere ed attuare questa banalissima decisione. La condizione di impotenza dell'uomo contemporaneo mi pare così evidente che non ci spendo altre parole. Vale la pena però analizzarne gli effetti sul nostro storico dilettante: perché ha elaborato tutta la sua pseudostoria, perché mai lo ha fatto? Semplice. Per giocare a fare il rivoluzionario, per illudersi che nella sua pseudostoria covino le scintille di una rivoluzione che le sue scoperte faranno scoppiare; il nostro storico ha messo così tanto ardore, così tanto impeto nella costruzione delirante dei suoi miti perché, a differenza della distillazione della grappa e della coltivazione delle petunie, in quei miti si immagina nelle vesti di rivoluzionario, come il portatore di verità sconvolgenti. Costretto all'impotenza, alla banalità e all'uniformità, spera di redimersi mediante la rivoluzione che scaturirà dalle sue teorie. E loro saranno abbattuti, e loro moriranno, e loro saranno schiacciati. Questa volta loro non sono più gli scienziati o gli storici di cui al punto 3), questa volta loro sono proprio i potenti, i potenti occulti, i misteriosi burattinai che tengono le fila di tutto; quelli, in definitiva, a cui il nostro storico dilettante attribuisce inconsapevolmente le responsabilità per la sua vita abortita. E scopriamo che in fondo storici e scienziati, nella sua visione del mondo, sono solo servi dei burattinai, servi di coloro che vogliono soffocare la verità per mantenere il potere. Per distruggere loro il nostro storico dilettante ha passato notti intere a navigare in internet, per distruggere loro ha inventato la storia che un alieno sia sbarcato a Roswell e sia conservato al sicuro dalla CIA, per distruggere loro ha inventato di sana pianta e dal nulla uno pseudoeroe indiano la cui vita somiglia a quella di Cristo , per distruggere loro insegna che non siamo mai stati sulla luna, per distruggere loro insegna che non sono mai morti ebrei nei campi nazisti.

E così nel tenace odio impotente del nostro "disinformatore" , del nostro revisionista, la democrazia di massa celebra il suo supremo trionfo.

Ovvero, la propria fine.

http://www.wolfstep.cc/index.php?subaction=showfull&id=1189493622&archive=&start_from=&ucat=1&

4.8.07

Chiacchiere e distintivo: Camelot è crollata

Eugenio Benetazzo – 17 agosto 2007


Ecco che cosa sono la FED e la BCE: chiacchiere e distintivo. Innanzi al più grande bubbone finanziario degli ultimi anni che sta ormai per esplodere, se ne escono con affermazioni del tipo, state tranquilli, non vi preoccupate tanto l'economia è sana, l'Europa non rischia nulla! Più grande è la bugia, più la gente la crederà. Le recenti iniezioni di liquidità (ben quattro interventi in sette giorni) per sostenere le attività bancarie, ormai in pieno default finanziario causate da uno stato di insolvenza generalizzato (solo nella mia provincia vi è una nota banca di modeste dimensioni che ha qualcosa come 1.500 contratti di mutuo di ultima generazione in sofferenza). La crisi che ha colpito i mercati statunitensi, avrà conseguenze tutt'altro che irrisorie sui mercati europei, che hanno voluto scimmiottare i fratelli d'oltre mare.
Lungi dal gongolare per le disgrazie altrui, ma l'analisi sviluppata ed elaborata in "BEST BEFORE" e contemplata anche durante il tour di BLEKGEK ha trovato in questi giorni una loro evangelica materializzazione: alla faccia di tutti quei cosiddetti economisti laureati in prestigiose università fabbriche di cloni replicanti che davano il ricorso al debito a bassi tassi di interesse come la linfa della globalizzazione.In ogni caso, alla fine Camelot è crollata: il castello di debiti costruito su fondamenta di altri debiti cartacei (coperti a loro volto da un fiume di strumenti derivati: l'altra bolla che dovrà scoppiare) ha dimostrato tutta la sua fragilità. Ecco che cosa ha sostenuto l'economia, il PIL, gli indici di borsa ed il rally immobiliare: il ricorso al debito sfrenato. Tutto a tutti, anche senza garanzie o per dirla all'americana, tutto a tutti grazie ai NINA (acronimo di none income, none assets) ovvero prestiti rilasciati anche a chi non ha reddito certo e non dispone di garanzie reali (fate attenzione comunque perchè anche in Italia li abbiamo, solo che si chiamano con un altro nome, di solito il nome delle finanziarie che li erogano !).
Particolarmente in Europa in queste ultime ore stanno tentando di rincuorare gli animi e le speranze di investitori e risparmiatori, affermando che la situazione in Eurolandia non è così grave come in USA: è vero non è grave, è gravissima ! Nonostante vi dicano il contrario ! Le differenze sostanziali le possiamo anche individuare sulle diverse dinamiche di escussione del sistema giudiziario anglosassone rispetto a quello europeo, qualche mese in USA contro qualche anno in Europa, in Italia addirittura anche cinque ! Questo significa che una banca italiana che ha prestato ad una coppia di giovani precarizzati il 100 % per l'aquisto di un miserabile appartamento da 40 mq può aspettare anche 5 anni prima di riavere la disponibilità finanziaria che ha prestato.
Non da meno si aggiunga che in Europa il ricorso all'acquisto di immobili con finanziamento integrale è stato adeguatamente coperto e suggellato da perizie immobiliari stragonfiate (che consentissero di rendere congruo il possibile valore di ipotetico realizzo in caso di escussione). Purtroppo i debiti si pagano e si estinguono solo con il denaro (denaro che ora sembra non esserci più), ed è per questo che ci aspetta uno scenario veramente senza precedenti: una bolla economica che avrà dinamiche tutt'altro che prevedibili. Rammentate a tal punto che le azioni le vendete in tre minuti con una telefonata alla banca o con un click di mouse, mentre una abitazione o un appartamento (ammesso che trovate in questo momento il compratore) potrebbe richiedere anche alcuni mesi.
Per tale considerazione questa volta ad essere profondamente esposte oltre ai mutuatari ed investitori ci sono anche le stesse banche, i cui patrimoni in questi ultimi quattro anni si sono sempre più spesso cristallizzati: basta molto poco adesso per compromettere la loro solidità. E se il sistema bancario vacilla, quello industriale (stretto ad esso da un cordone ombelicale) e tutt'altro che rincuorante. Non penso che ci siano molte soluzioni: semplicemente stiamo andando incontro all'implosione del sistema turbocapitalistico in cui il solo ricorso al debito ha consentito il sostentamento dei consumi. Per questo motivo il sistema non è sano, quanto stramaledettamente marcio ed allo stadio terminale: un conto è spendere perchè si è risparmiato negli anni precedenti, un altra cosa è continuare a consumare ed acquistare beni di consumo perchè qualcuno presta il denaro facilmente.
La storia si ripete: voglio ricordarvi che Giovedì 24 Ottobre 1929, cinque giorni prima del famoso Martedì Nero, in seguito alle prime avvisaglie di panic selling sui listini, intervennero tre banche nazionali per sostenere le quotazioni e limitare l’emorragia di vendite: la National Bank , la Chase Manhattan e la Banca Morgan. Il giorno successivo, Venerdì 25 ottobre, molti banchieri di prestigio si affrettarono ad effettuare dichiarazioni ancora rassicuranti circa lo stato di buona salute dell'economia, persino il famoso Charles Schawb (fondatore della omonima casa di brokeraggio) e lo stesso presidente Hoover affermavano che la situazione era sostanzialmente sana ed i fondamentali economici dell’industria americana proiettavano una vigorosa e stabile prosperità per il futuro. Sappiamo tutti com’è andata a finire tre giorni dopo: un crollo drammatico delle quotazioni, la giornata di negoziazione più catastrofica, sino ad allora, della storia di Wall Street: il famoso Martedì Nero del 29 Ottobre 1929.
Fateci caso che la storia si sta ripetendo ! Istituzioni e banche centrali che garantiscono che il peggio è passato e soprattutto che l'Europa più di tanto non subirà le conseguenze della crisi di liquidità del sistema bancario statunitense. Peccato però che i fatti contraddicano le loro incoraggianti affermazioni: sappiate a tal fine che la BCE ha effettuato interventi di liquidità molto più corposi rispetto alla FED, in buona sostanza ha immesso molto più denaro di quanto ne ha reso disponibile la stessa FED. E come se questo non bastasse assistiamo al teatrino dei mass media che parlano di iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali come se fossero un toccasano per il malato moribondo: tutt'altro. Iniettare liquidità non è di certo una manovra salutare a lungo termine, può consentire una momentanea stabilizzazione della crisi in corso, ma successivamente comporta una inevitabile aumento dell'inflazione con contestuale instabilità dei mercati: in buona sostanza si dovranno alzare ancora i tassi di interesse per raffreddare l'intero sistema, magari molto di più di quanto si era precedentemente annunciato. L'ipotesi di un tasso di sconto al 6 % in Eurolandia comincia a farsi sempre più plausibile.
Ma lasciatemi raccontare in maniera un po’ più tecnica che cosa sarebbe successo: se a fine gionata un istituto di credito ha avuto un saldo depositi/prelievi negativo, potrà allora acquistare il denaro di cui ha bisogno nel circuito interbancario, dove troverà i fondi messi a disposizione da altre banche che hanno invece avuto un saldo depositi/prelievi positivo. Questo tasso nei giorni scorsi era volato al 4,7 % contro un tasso di sconto ufficiale al 4 %. La BCE è pertanto intervenuta dal lato dell'offerta, per riequilibrare il sistema, garantendo la liquidità necessaria a soddisfare la domanda ed infatti il tasso di mercato si è immediatamente riallineato al 4%. In buona sostanza quindi la BCE ha creato denaro dal nulla e lo ha reso disponibile alle condizioni di mercato ufficiale ad alcune banche in difficoltà, per evitare che altre potessero speculare su una presunta crisi di liquidità.
Possiamo convenire quindi che iniettare liquidità nel sistema significa dare denaro ad una ristretta elite di banche in momentanea difficoltà finanziaria a discapito del resto del mondo in modo tale che non si abbia una percezione immediata di questa operazione. Il tutto è alquanto scandaloso in quanto anzichè creare denaro (dal nulla) per aiutare chi ha contratto un debito per l'acquisto della prima casa (di fatto il debitore con un bisogno sociale primario), si preferisce sostenere e supportare il sistema bancario (quindi il creditore con una finalità puramente speculativa) il quale si trova in difficoltà perché il debitore a fatica riesce a restituire il denaro preso a prestito. A mio modo di vedere, l’unico rischio reale che corre veramente il sistema bancario è quello di una rivoluzione popolare.
Eugenio Benetazzo http://www.eugeniobenetazzo.com/tour.htmlwww.youtube.com/eugeniobenetazzo