28.1.10

Spazio utenti: BANCHE E DENARO

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

DI ANDREA MENSA 

Con questo mio vorrei porre rimedio ad una carenza riscontrata sui vari mezzi di informazione, in quanto si trovano o informazioni molto dettagliate a livello universitario, o articoli su singoli aspetti che però mancano di creare quel quadro complessivo che permetta di inquadrare poi i vari dettagli.
Cercherò quindi qui, di descrivere tale quadro complessivo, sfrondandolo dei particolari inutili alla comprensione del funzionamento di base.
Ad aggiungere dettagli c’è tempo dopo.
Prendo quindi come base della trattazione l’aggregato monetario M1, definito come la quantità di supporto monetario immediatamente spendibile, ovvero la somma del circolante (banconote e monete) più conti correnti e conti postali. Da esso occorre detrarre tutte le banconote che si trovano all’interno delle banche commerciali, ovvero le banconote versate. 

È già molto importante capire il perché di questa eccezione. Se andate a chiedere un prestito alla banca e questa ve lo concede, attuerà tale operazione consegnandovi pacchi di banconote ma più probabilmente accreditando la cifra sul vostro conto.
Faccio notare che ricevere il pacco di banconote e ricevere l’accredito è per voi esattamente la stessa cosa, pur richiedendo la prima operazione l’esistenza delle banconote stesse, mentre nel secondo caso, che esistano le banconote o no, per voi è irrilevante.
A tutti gli effetti il pacco di banconote equivale a quel numero sommato sul vostro conto.
E quella cifra fa parte di M1 dal momento che entra nella vostra disponibilità, sia in una forma sia nell’altra.
Pensate di aver ricevuto le banconote, ed ora di depositarle sul conto. Esisteva quella cifra in banconote e, dopo il versamento la stessa cifra esiste sul conto, ma se le banconote versate continuassero ad esser conteggiate, M1 avrebbe visto raddoppiare la cifra, come banconote e ANCHE come conto.
Faccio notare come abbiamo visto, che banconote o importo sul conto, siano due modi alternativi ed equivalenti di disporre di una quantità di denaro.
Pertanto non farò distinzione, per ora tra conti e banconote, chiamandolo semplicemente denaro.
Ed ora passiamo al sistema bancario.
NON tutto il denaro all’interno di una banca fa parte di M1, altrimenti con cosa una banca pagherebbe i suoi dipendenti ? e le fatture di luce, riscaldamento affitto locali, ecc…. ?
La banca commerciale (tanto per intenderci quella che tutti conosciamo, e dove facciamo prelievi, versamenti, paghiamo bollette, ecc…, che quindi ha rapporti con il pubblico ed opera la raccolta e gestione del denaro), la dobbiamo considerare divisa in due parti separate con mansioni e obiettivi ben distinti almeno contabilmente.
Una sezione simile ad una qualsiasi società, con personale, uffici, bollette da pagare, entrate e spese, ed un’altra sezione che gestisce il rapporto con il pubblico, riceve versamenti, fa i prelievi, concede prestiti e li riscuote.
Tanto per intenderci subito, nella prima sezione, quella che definisco la società, circola denaro incluse banconote conteggiate in M1, col quale si pagano stipendi e bollette, l’altra sezione, quella che opera verso il pubblico al cui interno le banconote NON sono conteggiate in M1. La prima sezione, per le proprie esigenze di cassa, ha pure lei un conto presso la sua seconda sezione, come un cliente qualsiasi.
Le entrate di tale società sono costituite semplicemente dagli interessi riscossi dall’altra sezione, sui prestiti concessi al pubblico.
Le uscite, come ho già accennato, sono gli stipendi, gli affitti, le bollette, le manutenzioni, e, se ne avanza, pagate le tasse, il rimanente rappresenta gli utili che verranno distribuiti agli azionisti.
La società, come tutte le società, ha un suo capitale in fondi, edifici, partecipazioni, e tale capitale gioca un ruolo di garanzia sull’attività dell’altra sezione, soprattutto nel limite alla concessione di prestiti. Come arriva il denaro alla banca ?
Semplice, se lo fa imprestare dalla banca centrale.
La banca centrale ha come compito costituzionale quello di creare il denaro, sotto forma di annotazione (quello scritto sui conti correnti si chiama così) o di banconote.
A tale proposito è necessario puntualizzare un fatto.
La banca centrale NON può spendere il denaro creato, ma lo può solo IMPRESTARE. (E, salvo rare eccezioni, solo alle banche ) È una distinzione estremamente importante ai fini di capire come il signoraggio sulle banconote e sul denaro in genere, non esista.
Quando il signore comprava oro, lo coniava ed otteneva in monete un valore superiore all’oro acquistato, poteva andare su un mercato qualsiasi e con tali monete comprarsi cosa desiderava.
La banca centrale invece, crea denaro, lo impresta ed accende un credito nei confronti della banca commerciale richiedente. Su tale credito maturerà interessi, ma, se il denaro gli verrà restituito, cancellerà l’equivalente del debito. Essendo poi tale debito NON CEDIBILE, esso non rappresenta alcuna ricchezza, in quanto non scambiabile. La banca centrale opera un servizio nella gestione della liquidità, nel controllo antifrode (il falsario crea le banconote, ma le SPENDE, e qui è la differenza sostanziale), e per tale servizio incassa gli interessi su tale prestito. Quello è il suo guadagno, la sua entrata.
Ho detto che il denaro viene imprestato dalla banca centrale alla banca commerciale (sezione società) che lo versa sul suo conto, facendolo così affluire nella sua seconda sezione, quella che opera verso il pubblico. Se fosse stato necessario, per riserve diventate troppo esigue, tale prestito poteva essere in banconote, che così affluiscono nella disponibilità della seconda sezione, quindi disponibili per i prelievi del pubblico.
Notare che banconote e annotazione, quando escono dalla banca centrale, sono conteggiate in M1.
Quando l’accredito implementa il conto della sezione società, fa parte di M1, quando le banconote vengono versate sempre sullo stesso conto e passano nel deposito della seconda sezione, escono dal conteggio di M1, per rientrarvi solo quando prelevate dal pubblico.
In tal modo M1 si implementa solo quando il denaro, sotto qualsivoglia forma, esce dalla banca centrale.
Ma M1 può variare anche ad opera della banca commerciale, e qui bisogna parlare delle riserve frazionate o frazionarie. 
Nella banca sono affluiti i depositi della clientela (compresa la sua sezione società), e nel movimento dei depositi/prelievi, si nota che solo una piccola percentuale costituisce la variazione, la maggior parte resta sempre ferma, non movimentata.
In effetti se io prelevo, vado a comprare il pane, e il panettiere a fine giornata versa l’incasso, i due movimenti, statisticamente si compensano. Quindi la maggior parte di tale denaro sarebbe improduttiva, se la banca non provvedesse ad imprestarlo, ma chi lo riceve in prestito, o lo versa o lo spende, ma chi lo riceve in pagamento, probabilmente lo versa a sua volta, moltiplicando così la possibilità di imprestare denaro se non per la stessa banca, per un’altra.
Denaro prestato e versato, portano la possibilità della banca ad imprestare un multiplo dei versamenti ricevuti, che a volte sfiora valori assurdi come 50. Normalmente si fermano a 20-30.
Così per ogni unità di denaro versata, la banca ne può prestare anche 30.
Se poi si calcola che se sul vostro deposito la banca vi paga l’1% e sui prestiti che concede chiede il 5% significa che a fronte di un 1 versato a voi pretende 5x30= 150 con un guadagno netto di 149. Questo è un esempio ma nemmeno troppo distante dalla realtà quotidiana.
Notare che i 30 imprestati a fronte dell’1 ricevuto in versamento, sono creati dal nulla, e quindi vanno ad aumentare M1.
La banca commerciale è vincolata ad un tetto massimo del moltiplicatore stabilito dalla banca centrale, ed inoltre è vincolata a non superare un certo multiplo, fissato anch’esso dalla banca centrale, del valore del proprio capitale. Infatti, il capitale della banca interviene in tutti i casi in cui un prestito non venga onorato.
In tal caso si creerà una perdita che verrà ripianata sottraendola ai guadagni (gli interessi riscossi) e nel caso, dal capitale della banca stessa.
La banca centrale ha come obiettivo quello della conservazione del valore del denaro, e, come creditore di ultima istanza è comprensibile che sia suo interesse che tale valore sia conservato, e l’altro obiettivo è fare in modo che, agendo sulla concessione/limitazione del denaro alle banche commerciali, con il controllo del tasso di interesse, al quale poi tutti i tassi si adeguano, fornisca al mercato liquidità sufficiente a permettere agevolmente gli scambi, ma non eccessiva da inflazionare il mercato stesso. 

Con questo mio molto succinto quadro, spero di aver dato un insieme logico al funzionamento del sistema bancario, anche se in esso è descritta solo una piccola parte di esso, ma quella parte che ne costituisce la struttura portante.
Il denaro generato dalla banca centrale, oppure da quella commerciale, è comunque di proprietà del sistema bancario.
Una delle questioni sollevate periodicamente è se questa proprietà non generi un impoverimento della società, pertanto si reclama che essi passi allo stato. 

Consideriamo la realtà attuale.
Tutti gli stati sono fortemente indebitati. Con i loro cittadini, con i loro sistemi finanziari e bancari, ma anche con sistemi esteri.
Il debito di uno stato nasce dal semplicissimo fatto che riscuote in tasse meno di quanto spende. La differenza se la fa imprestare.

Se la possibilità di ricorrere al credito fosse riservata al solo obiettivo di compensare deficit e surplus nel corso degli anni, senza dover adeguare anno per anno le aliquote o i metodi della tassazione, ripagando negli anni “buoni” quanto richiesto in prestito in quelli “scarsi”, non si creerebbe il problema.

Ma un governo vuole apparire “buono”, esser rieletto, chiedere poche tasse al popolo e dare molti servizi, e così si indebita, riscuotendo il consenso oggi e lasciando i debiti da pagare ai governi e alle generazioni future. 

Adesso, vorreste forse dare la possibilità di creare denaro, da una parte, e contemporaneamente di spenderlo, dall’altra, ad uno stato così maldestro nell’amministrare i propri conti, tanto da esser oberato dal pagamento degli interessi sui prestiti richiesti precedentemente?

Sarebbe esattamente come consegnare il libretto degli assegni e la facoltà di emetterli a chi si sapesse che non ha un soldo in banca ma in compenso ha già una montagna di debiti.
Chi pensa che una simile cosa sarebbe saggia ?
La storia è maestra, e basta andare a cercare cosa accadde tutte le volte che i vari stati si misero a generare denaro per pagare debiti (quasi sempre in occasione di guerra), per farsi passar la voglia di riprovarci. È vero quindi che tutto il denaro nasce come prestito da parte del sistema bancario, ma come si dovrebbe esser capito è pochissimo influente chi sia il proprietario del denaro, quanto invece la discussione dovrebbe portarsi sul quanto PAGHIAMO tale servizio, ovvero su quel numerino che è il tasso di interesse, e che costituisce il ricavo del sistema bancario e contemporaneamente l’impoverimento della società in cui tale sistema opera. 

Esempi di cosa accadde quando la "stampante" fu data in mano allo stato 

Nel maggio del 1775 stava approntando i preparativi per la guerra contro la Gran Bretagna, il Congresso fu messo di fronte al dilemma di come finanziare e rifornire l'esercito che l'avrebbe combattuta.
Invece di tassare i cittadini, si decise di ricorrere alla stampa di una moneta di carta, il Continental dollar, e di immetterla sul mercato, con la promessa di accettarlo in pagamento per eventuali tasse future.
Si chiedeva infatti ai singoli stati di ricorrere alla tassazione per “ritirare dal mercato” quei certificati e dar modo così al Congresso di stamparne altri senza che questi si deprezzassero eccessivamente.
Gli Stati, infatti, si guardarono bene dall'imporre nuove tasse e così i certificati rimasero in circolazione, deprezzandosi nei confronti dei “dollari di metallo” ogni giorno di più.
Alla fine della guerra quel pezzo di carta emesso dallo Stato non valeva più nulla tanto che fu coniato il modo di dire “not worth a Continental” (non vale un Continental) per indicare un oggetto di scarsissimo valore. In tantissimi furono rovinati ma non tutti i contemporanei giudicarono l'operazione come un disastro. Per Benjamin Franklin, anzi, il Continental fu una “macchina meravigliosa” che pagò e tenne rifornito l'esercito, si pagò da solo attraverso il suo deprezzamento e funzionò come una tassa equa.

Diciamo che fu una tassa pagata da chi li aveva incassati.
A pochi anni di distanza, nel vecchio continente, si stava consumando la Grande Rivoluzione che ci ha tramandato i valori della libertà, uguaglianza e fraternità, accompagnati però dal Terrore di Stato e dalla moneta di carta straccia per eccellenza: l'assegnato.
Si stamparono 400 milioni di assegnati nel 1790, poi altri 800, in un'escalation che portò, nel 1795, alla stampa di 33 miliardi di assegnati per coprire le spese statali. A quel punto l'assegnato aveva un potere d'acquisto che era solo più un seicentesimo di quello iniziale per cui si pensò di cambiare.
Si introdusse un'altra moneta, il mandato, che nominalmente valeva 30 assegnati, e si ripartì con la spinta inflazionistica: nel giro di pochi mesi, da febbraio ad agosto del 1796, la nuova moneta era già scesa al 3% del suo valore iniziale.
Ci pensò Napoleone Bonaparte a reinstaurare il sistema monetario metallico, intuendo che fosse più popolare e più saggio per lui depredare le nazioni conquistate invece dei suoi concittadini. 

Il campione indiscusso (con John Kennedy) dei sostenitori della moneta di Stato rimane però Abramo Lincoln con i suoi Greenbacks. Anche qui, nulla di nuovo sotto il sole: una guerra (stavolta civile) da combattere e la necessità di integrare le maggiori entrate garantite dalle nuove tasse e tariffe imposte, con ulteriore liquidità senza ricorrere a prestiti che avrebbero avuto condizioni molto svantaggiose.
Invece di “andare per strada a chiedere prestiti”, tuonavano voci dai banchi del Congresso, “preferiamo affermare la dignità ed il potere del Governo di emettere le proprie banconote.”
E così fu, dal febbraio 1862. 

150 milioni di banconote di valore legale per il pagamento di tutti i debiti privati, delle tasse e per l'acquisto di terra e... di titoli di stato. Le conseguenze furono quelle che ogni economista si aspetterebbe, portando alla scomparsa dalla circolazione delle monete metalliche, al deprezzamento dei Greenbacks e quindi, nel luglio dello stesso anno, ad una nuova emissione governativa: altri 150 milioni.
Alla fine della guerra erano stati stampati più di 400 milioni di Greenbacks ed il cambio con il dollaro (metallico) era sceso dalla parità al 39%.

L’ultimo esempio è quello offerto dalla repubblica di Weimar, che stampò marchi fino a che il valore del Papiermark crollò da 4,2 per ogni Dollaro statunitense a 1.000.000 di marchi per Dollaro nell'agosto 1923 e a 4.200.000.000.000 per dollaro il 20 novembre. L'1 dicembre venne introdotta una nuova valuta con il tasso di cambio di 1.000.000.000.000 di vecchi marchi per 1 nuovo marco, il Rentenmark. 

Andrea Mensa 
Febbraio 2010

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6751

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Re: BANCHE E DENARO (Voto: 1)
di AlbertoConti il Mercoledì, 10 febbraio @ 03:02:00 CST
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Caro Andrea, adesso capisco da dove nascono tante baggianate sulla questione monetaria, che i negazionisti del signoraggio impugnano a difesa del sistema bancario vigente. E' riduttivo definire questa schiera come "negazionisti del signoraggio", come è riduttivo parlare di signoraggio per descrivere la gigantesca truffa monetaria-finanziaria nell'area euro-dollaro (e sterlina, ovviamente). Ma bisogna pur intendersi con parole di uso comune, anche se inadatte alle circostanze e in parte fuorvianti. Tra le tante sciocchezze mi limito, per ragioni di spazio e di tempo, a sottolineare la distinzione tra "spendere" e "prestare" denaro, da parte di qualsivoglia soggetto, anche una banca centrale. Da quando il denaro non è più merce dal valore intrinseco, diciamo simbolicamente dal 15 agosto 1971, è diventato un puro e semplice contratto di debito-credito tra due parti, il debitore e il creditore. Questo è vero per tutte le forme del denaro. Quello che le distingue è il contenuto del contratto, le regole e le clausole che più o meno esplicitamente contiene, siano esse leggi di stato o regole liberamente sottoscritte tra privati, comunque garantite dal diritto appellabile all'autorità pubblica (giustizia fondata sul diritto). L'unica differenza sostanziale tra banconote e altre forme variamente liquide, cioè facilmente cedibili a terzi, è che il debito-credito della banconota non ha data di scadenza. Per questo solo motivo dovrebbe essere dichiarato nullo, irragionevole come contratto, ma qui interviene l'autorità dello Stato ad imporre questo oggetto, la banconota prodotta da una ben precisa persona giuridica con tanto di Copyright, come valuta unica a corso forzoso, come base monetaria sulla quale conformare tutte le altre forme del denaro. Non importa se le banconote sono ridotte in massa complessiva a un misero 5% del circolante effettivo, in via di ulteriore diluizione fino a dosi omeopatiche, quel che conta è il principio giurisdizionale! La banca centrale autonoma dagli altri poteri ha il monopolio assoluto della fabbricazione delle banconote e il sistema bancario di cui è espressione ha il monopolio della ricettazione (o riciclaggio) di questa come di qualsiasi altra forma del denaro. Denaro moderno, non più merce, ma non certo privo delle vecchie caratteristiche di unità di conto, di scambio, di accumulo del valore commerciale. Chiarito questo, la distinzione tra "prestare" denaro e "spendere" denaro cade come una pera matura. Il denaro si cede in cambio di pari controvalore commerciale numericamente definito, non esistono eccezioni a nessun livello, non possono esistere per pura logica intrinseca all'artificio denaro così congeniato. La conseguenza ovvia, che nessun tecnicismo bancario potrà mai confondere, è che il denaro "permanente" in forma di banconote viene speso la prima volta dal costruttore, assimilabile alla nota figura del falsario (es. Totò, nel famoso film). Non esiste altro modo per "mettere in circolazione" le banconote. Tutte le altre forme di denaro "impermanente" vengono continuamente costruite e distrutte all'atto, rispettivamente, della sottoscrizione del contratto debito-credito e all'atto della conclusione del medesimo, sancito dal movimento opposto del capitale (più interessi) tra i sottoscrittori (o i portatori ultimi del contratto ceduto). Sembra che questo denaro impermanente sia cosa provvisoria, di poco conto, ma in realtà la sua massa dinamica è relativamente stabile nel tempo e assume proporzioni gigantesche (a prescindere dalla "liquidita" che è solo una delle sue caratteristiche). Il costruttore dal nulla di questo denaro è indebitamente avvantaggiato a goderne i benefici per tutto il tempo di vita del contratto, anche trent'anni per un mutuo-casa di fonte bancaria. La banca percepisce la restituzione rateale di capitale più interessi per trent'anni, senza alcuna uscita reale di valore, senza costi, dal momento che essa stessa, come sistema globale, movimenta tutti i flussi possibili di questo tipo di denaro. In quanto registratore contabile, notaio di ogni singola movimentazione, il sitema bancario usa la finanza per arricchirsi a spese dei produttori di ricchezza, come il più grosso parassita mai concepito per qualsiasi organismo vivente.

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Tassi (III PARTE) di Andrea Mensa
Post n°2559 pubblicato il 07 Febbraio 2010 da lucarossi82
 
Tag: curiosità, economia, finanza


Tassi

Ora che ho fatto giustizia del signoraggio sulle banconote (chissà poi perché solo sulle banconote e non sul denaro elettronico), ben diverso da quello sulle monete in metallo di valore, e sul discorso circa la proprietà del denaro, vero dal punto di vista teorico ma insulso dal punto di vista pratico (la gestione del denaro, dal controllo anticontraffazione, a quello sulla quantità di liquidità circolante, è materia estremamente tecnica, che, se è vero che teoricamente la può fare chiunque, è altrettanto vero che non tutti sono attrezzati ed hanno l’esperienza del sistema bancario), e soprattutto pericoloso se si volesse affidare tale compito a chi, coprendosi di debiti, dimostra di non avere affatto le idee chiare e le capacità pratiche di farlo.

Guadagnatomi così il titolo di “amico delle banche”, voglio invece qui dimostrare quanto la mia azione sia solo rivolta a combatterle sul terreno appropriato, ovvero sulla loro fonte di guadagno.

Una delle bufale che vorrei subito sfatare è che questo discorso riguardi solo qualcuno, magari solo gli industriali. No ribadisco , riguarda tutti, ma proprio tutti, clienti o no delle banche.

Un’azienda ha bisogno di capitali. Qualsiasi azienda.

Per il semplice fatto che da quando inizia una produzione, a quando incassa il ricavato dalla sua vendita, passa del tempo durante il quale non può stare ferma, ma deve iniziare una seconda produzione, poi una terza, e via dicendo.

E queste produzioni hanno dei costi che invece vanno pagati subito, materie prime, semilavorati, mano d’opera, locali, ecc….

Quindi o l’azienda dispone di mezzi propri, ma allora sono fondi che invece potrebbero essere impegnati in ricerca, nel miglioramento dell’efficienza dell’azienda stessa, comunque in investimenti più produttivi, oppure i mezzi derivano da prestiti bancari.

Comunque, sia in un caso che nell’altro, l’uso di tali capitali rappresenta un costo, che come tutti i costi viene scaricato sul prezzo finale del prodotto. Che paga l’utente, ovvero tutti noi.

E non pensiate che siano percentuali irrilevanti, in quanto ad ogni passaggio della filiera dalla produzione all’utente finale, ogni singola azione avrà lo stesso problema.

Così avrà bisogno di capitali chi coltiva, ma anche chi raccoglie, e chi trasporta, e chi confezione, e chi distribuisce all’ingrosso, e chi al dettaglio, ecc…

Tutti passaggi che richiedono , come ho detto, capitali.

Vedete quindi, come il costo del denaro lo veniamo a pagare tutti, su ogni bene che giornalmente acquistiamo.

Adesso, io non voglio sostenere l’assurdo che il servizio del denaro dovrebbe essere gratuito, la gestione della massa monetaria non è affare da dilettanti, richiede risorse e competenze, ma qual è un giusto compenso per tale servizio ?

Faccio un esempio per chiarezza.

Se in un certo momento storico, il pane risultasse troppo caro per le possibilità della popolazione, sarebbe corretto chiedere che la panificazione avvenga da parte dello stato anziché dei fornai ?

O non sarebbe più opportuno ad esempio aumentare la concorrenza tra i fornai, o dopo accurata analisi, trovare quali punti della filiera dalla farina al pane, si potrebbero fare interventi calmieratori ?.

Verrebbe spontaneo o no domandarsi perché alcuni riescono a vendere il pane a 2 euro al chilo ed altri lo vendono a 5 ? 

Ed anche se tale differenza fosse giustificata da una grande differenza di qualità, ma la qualità inferiore rispondesse comunque ai minimi di sicurezza e igiene, allora sarebbe solo un problema dei consumatori, liberi di scegliere la qualità più confacente alle loro tasche, ma se quello a prezzo inferiore fosse estremamente limitato in quantità, grazie ad un accordo tra i fornai, allora sarebbe anche giusto intervenire a sanzionare tale cartello.

Quanto si può facilmente rilevare oggi rispetto al sistema bancario sono i seguenti fatti:

a) chi vi lavora è super pagato (per i livelli inferiori, non dico che dovrebbero semplicemente guadagnare meno) e le retribuzioni non reggono il confronto con gli altri settori.

15 mensilità più un premio ( che equivale ad un’altra mensilità) contro le 13 degli altri. Livelli sia degli impiegati che degli operativi decisamente più alti (un cassiere guadagna ben più della cassiera del supermercato, ma quest’ultima non guadagna nemmeno la metà del primo, pur maneggiando soldi con la stessa responsabilità).

Non parliamo poi della dirigenza e degli amministratori, le cui retribuzioni, tra stipendi e bonus, rappresentano un vero scandalo, soprattutto quando agli altri lavoratori si richiedono sacrifici.

Con questo non sostengo che bisogna togliere loro qualcosa, sostengo che se un sistema può guadagnare nonostante costi simili, forse non si tratta più di guadagno ma di rapina nei confronti del resto della società.

b) non è vero che il guadagno di tale sistema sia stabilito solo dal “mercato”.

Esso ha il monopolio nella gestione del denaro e la protezione dello stato, ma com’è che lo stato viene ripagato di tali vantaggi concessi ?.

È vero che tutti i fornai si approvvigionano di farina dalla stessa fonte, è anche vero che grazie alla loro organizzazione offrono sia pane a 2 euro al Kg. Che quello a 5 o 6 o più, ma questo grazie al fatto che essendo migliaia, possono coprire tutte le esigenze.

 

c) Nel sistema bancario ci troviamo invece di fronte ad alcuni grandi gruppi, che a tutti gli effetti dettano le regole a tutti gli altri, in un clima di cartello esplicito o implicito che comunque non favorisce la concorrenza, ma soprattutto dimenticando di agire in concessione da parte dello stato.

 

d) Lo scandalo maggiore sta poi proprio nelle dimensioni raggiunte da alcuni gruppi, dalla loro capacità di condizionamento sia del mercato che della politica, che, se è pur vero che la dimensione può impattare sulle sinergie che si creano portando a risparmi anche notevoli, è anche vero che di ciò il pubblico non ne trae alcun vantaggio sostenendone invece gli svantaggi.

Aziende “troppo grandi per fallire” oltre ad esser portate ad agire irresponsabilmente nei confronti sia del mercato che dell’intera società, con l’unico obiettivo di aumentare i guadagni della propria dirigenza e proprietà, finiscono poi di scaricare i costi delle loro azioni più rischiose sullo stato e quindi sulla collettività stessa.

 

Quanto sostengo quindi, è che il sistema così com’è oggi, costa troppo alla collettività in rapporto ai vantaggi che porta.

Non sostengo neppure che l’attività bancaria debba esser gratuita, o peggio ancora gestita dallo stato, vista l’incapacità congenita dello stato stesso di far quadrare i propri conti.

Quanto sostengo invece è che:

a) Occorre aumentare la concorrenza, evitando la formazione di gruppi “troppo grandi per fallire” che quindi riprendano la piena responsabilità delle loro azioni.

b) Occorre stabilire un contrappeso alla arbitrarietà nello stabilire i tassi passivi ed attivi in funzione del fatto che agiscono in clima di concessione e protezione da parte dello stato.

c) Ridistribuire i vantaggi ottenuti con gli aumenti di produttività e sinergie più equamente tra azienda e pubblico.

d) Ricordarsi che il pubblico ha sempre, se organizzato, la grande arma di sanzionare la morte di ogni istituto, semplicemente spostando i propri soldi.

 

 Un 10-15% di correntisti che togliessero in breve tempo i loro averi da un istituto, ne decreterebbero il fallimento immediato, e questo fatto non dovrebbe mai esser dimenticato, ne dal pubblico ne dal sistema bancario. Con sistemi di comunicazione efficaci e veloci come quelli che ci offre la tecnologia odierna, il fatto che il sistema bancario è un servizio alla società, e non è invece la società un servizio al sistema bancario, ripeto e ribadisco, questo fatto non dovrebbe mai esser dimenticato da alcuno.

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